Esta es la juventud del Papa

Esta es la juventud del Papa

martedì 29 giugno 2010

LOS DERECHOS HUMANOS SON PARA LOS HUMANOS DERECHOS

Hace poco, las madres de PANDILLEROS salvadoreños realizaron una manifestación exigiendo los "DERECHOS de" de sus hijos. Acá esta la respuesta de una madre ciudadana hacia la madre que protestaba...
DE MADRE A MADRE: Vi tu enérgica protesta delante de las cámaras de TV en la reciente manifestación en favor de la reagrupación de presos y su transferencia a cárceles cercanas a sus familiares. Vi cómo te quejabas de la distancia que te separa de tu hijo y de lo que supone económicamente para vos ir a visitarlos como consecuencia de esa distancia. Vi también toda la cobertura mediática que dedicaron a dicha manifestación, así como el soporte que tuviste de otras madres en la misma situación y de otras personas que querían ser solidarias contigo y que contabas con el apoyo de nuestra reina presidenta y su esposo, comisiones pastorales, órganos y entidades en defensa de los derechos humanos, el IDHUCA, ONGs etc. etc. Yo también soy madre y puedo comprender tu protesta e indignación. Enorme es la distancia que me separa de mi hijo. Trabajando mucho y ganando poco, idénticas son las dificultades y los gastos que tengo para visitarle. Con mucho sacrificio solo puedo visitarle los domingos porque trabajo incluso los sábados para el sustento y educación del resto de la familia. Felizmente también cuento con el apoyo de amigos, familia, etc. Si aún no me reconoces, yo soy la madre de aquel joven que se dirigía al trabajo con cuyo salario me ayudaba a criar y mandar a la escuela a sus hermanos menores, y que fue asaltado y herido mortalmente a balazos disparados por tu hijo. En la próxima visita, cuando tu estés abrazando y besando a tu hijo en la cárcel yo estaré visitando al mío y depositándole unas flores en su tumba en el cementerio. ¡Ah! Se me olvidaba: ganando poco y sosteniendo la economía de mi casa, a través de los impuestos que pago, tu hijo seguirá durmiendo en un colchón y comiendo todos los días. Ni a mi casa, ni en el cementerio, vino nunca ningún representante de esas entidades que tan solidarias son con vos para darme apoyo ni medicarme unas palabras de aliento.

¡Ni siquiera para decirme cuales son MIS DERECHOS!

lunedì 28 giugno 2010

Notti di Mondiale, Giorni di errori. ..
Arbitri di fama internazionale, sbagli di principianti. A me, come a tanti che piacciano il calcio, rimango sempre più sconvolto, non è possibile, c’è qualche fantasma che impedisce la correttezza, la sportività semplice, quella che piacciano a tutti quelli che guardano o giocano per sport e non per denaro … Addio Larionda ..., addio Righetti e compagni, meglio per voi mollare il mestiere, venite a casa perche la vostra autorità vi è stata tolta davanti allo schermo di tutto il mondo. Voi, insieme a tanti che sporcano lo sport con interessi miliardari, mi fanno abbaiare di rabbia e aumentare la voglia di ritornare ai tempi in cui ero bambino e ancora potevo gioire del gioco a piedi nudi … basta di circo!
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"El capitán de Nueva Zelanda, Ryan Nelsen, se sorprendió: "Si éstos son los mejores árbitros que puede ofrecer la FIFA, no quiero ver los peores". El español Alberto Undiano, el italiano Roberto Rosetti, que dirigió la final de la Eurocopa, el belga Frank de Beeckere y el mexicano Marco Rodríguez simbolizan otra desagradable faceta del comportamiento de los árbitros: con gestos afectados y exageradas maneras se colocan en un excesivo primer plano."

giovedì 24 giugno 2010

Mt 8-1-4

1 Quando Gesù fu sceso dal monte, molta folla lo seguiva. [2]Ed ecco venire un lebbroso e prostrarsi a lui dicendo: «Signore, se vuoi, tu puoi sanarmi». [3]E Gesù stese la mano e lo toccò dicendo: «Lo voglio, sii sanato». E subito la sua lebbra scomparve. [4]Poi Gesù gli disse: «Guardati dal dirlo a qualcuno, ma và a mostrarti al sacerdote e presenta l'offerta prescritta da Mosè, e ciò serva come testimonianza per loro».
Gesù, sceso dal monte, è circondato dalla folla, e tra di essa si fa strada un lebbroso che lo avvicina con l’umiltà di chi ha bisogno di tutto. Sia Gesù che il malato si trovano così a violare la prescrizioni della legge riguardo al comportamento da tenere in caso di libbra. Ma quella che è bene non violare è la legge dell’amore.
Da parte di Gesù, da uomo pienamente libero, non si lascia condizionare da nessuna delle prescrizioni della legge riguardo i lebbrosi, e lo tocca. Proviamo anche solo ad immaginare cosa ha significato quel gesto per il lebbroso: vedere qualcuno stendere la mano su di te, quasi benedicendoti e, quindi, dicendo bene di te – e che poi ti tocca, facendoti sentire quel contatto umano che ormai ti mancava da anni. Non solo il lebbroso è stato guarito nel corpo dalla potenza divina di Cristo, ma è stato consolato dell’anima, là dove aveva estremo bisogno di sentirsi amato, accolto, benedetto. Quanti “lebbrosi” si aggirono per le nostre strade, e forse tra questi ci siamo anche noi. Quanti provano il bisogno di sentirsi accolti, amati, capiti. Bisogno che spesso nascondono anche a se stessi, vestendosi di una corazza impenetrabile. Ma talvolta basta poco; incontrare qualcuno che ti fa sentire amato e benedetto, qualcuno che “stende la sua mano”, per sciogliere quel blocco interiore, per colmare quel vuoto che avvelena, Possiamo allora metterci alla scuola del lebbroso, prostrarci davanti al Signore e dirgli; “Se vuoi, puoi guarirmi, puoi sanare le mie malattie, puoi riempire il mio vuoto, puoi ammorbidire le mie durezze e penetrare la mia corazza”. E potrò così anch’io divenire benedizione per il mio prossimo, potrò anche io stendere la mia mano.

mercoledì 23 giugno 2010

Mt 7, 15-20

15]Guardatevi dai falsi profeti che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro son lupi rapaci. [16]Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dalle spine, o fichi dai rovi? [17]Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; [18]un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. [19]Ogni albero che non produce frutti buoni viene tagliato e gettato nel fuoco. [20]Dai loro frutti dunque li potrete riconoscere.
. Gesù nel Vangelo ci da due consigli: andare oltre l’apparenza e guardare ai frutti. Il modo di apparire de una persona non è sempre indicativo di quel che è. Eppure per noi proprio l’apparenza è spesso il criterio che ha un ruolo maggiore nell’esprimere un giudizio. Questo succede quando non si è abituati ad affrontare la “fatica” dell’andare oltre, dell’ascoltar bene, del cercare il cuore, del leggere tra li righe. Se qualcuno ci alletta con le sue parole, ci offre ricchezza, benessere, e noi quello cerchiamo, allora ne saremo ingannati. Se qualcuno ci dice che gli aspetti peggiori del nostro nodo di essere non sono pii tanto negativi, allora o abbracciamo, perché ciò ci conforta a rimanere come siamo, a non dover fare la fatica di cambiare e di migliorare. Se poi non cerchiamo una fede profonda, ma solo una fede non troppo impegnativa allora ci andrà bene chiunque ci parli di Cristo senza però vivere come Cristo. I falsi profeti gli avremo sempre tra noi, la zizzania crescerà sempre con il grano: solo alla fine Dio li separerà. Ma qui e ora, siamo noi ad avere la responsabilità di discernere...
Preghiera: Tu Signore non guardi l’apparenza ma il cuore. Grazie, perché guardi il mio cuore al di là di tutto. Aiutami a guardare il mio prossimo con il tuo stesso sguardo di misericordia

martedì 22 giugno 2010

Mt 7,6.12-14

Non date le cose sante ai cani e non gettate le vostre perle davanti ai porci, perché non le calpestino con le loro zampe e poi si voltino per sbranarvi. [7]Chiedete e vi sarà dato; cercate e troverete; bussate e vi sarà aperto; [8]perché chiunque chiede riceve, e chi cerca trova e a chi bussa sarà aperto. [9]Chi tra di voi al figlio che gli chiede un pane darà una pietra? [10]O se gli chiede un pesce, darà una serpe? [11]Se voi dunque che siete cattivi sapete dare cose buone ai vostri figli, quanto più il Padre vostro che è nei cieli darà cose buone a quelli che gliele domandano! [12]Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti. [13]Entrate per la porta stretta, perché larga è la porta e spaziosa la via che conduce alla perdizione, e molti sono quelli che entrano per essa; [14]quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano!
· Il Signore ci invita alla giustizia. Tutto quanto volete che gli uomini facciano a voi, anche voi fatelo a loro: questa infatti è la Legge ed i Profeti.
· Quel tempo che a noi può sembrare tanto, per altri può essere poco perché partono da “sottozero”. Possiamo allora imparare dall’altro detto di Gesù: quanto stretta invece è la porta e angusta la via che conduce alla vita, e quanto pochi sono quelli che la trovano! Come noi vogliamo essere rispettati ed accolti (che non significa voler essere sempre scusati e giustificati), come noi abbiamo bisogno della pazienza di Dio e del prossimo, così comportiamoci verso le altre persone.
Preghiera: “Signore di misericordia, donami la tua sapienza “perché” mi assista e mi affianca nella mia fatica e io sappia che cosa ti è gradito … Ella, infatti, mi guiderà con prudenza nelle mie azioni”.

martedì 15 giugno 2010

Messagi della Vergine di Medjugorge

Messaggio del 25 maggio 2010 Cari figli, Dio vi ha dao la grazia di vivere e proteggere tutto il bene che è in voi ed attorno a voi e di esortare gli altri ad essere migliori e più santi, ma satana non dorme e attraverso il modernismo vi devia e vi guida sulla sua via. Perciò figlioli, nell'amore verso il mio Cuore Immacolato amate Dio sopra ogni cosa e vivete i Suoi comandamenti. Così la vostra vita avrà senso e la pace regnerà sulla terra. Grazie per aver risposto alla mia chiamata. Messaggio del 2 giugno 2010 (Mirjana) Cari figli, oggi vi invito afinchè con il digiuno e la preghiera tracciate la strada per la quale mio Figlio entrerà nei vostri cuori. Accoglietemi come madre e messaggera dell'amore di Dio e del Suo desiderio per la vostra salvezza. Liberatevi da tutto quello che del passato vi appesantisce e dà senso di colpa, da tutto ciò che vi ha condotto nell'inganno - tenebra. Accogliete la luce. Rinascete nella giustizia di mio Figlio. Vi ringrazio.

martedì 8 giugno 2010

Reflexión

Se dice que el que no es capaz de vivir solo, que se cuide de vivir solo, que se cuide de vivir con los demás. Y que el que no sabe vivir con los demás, nunca podrá vivir solo. Soledad y comunión son dos aspectos que equilibran la vida y se necesitan mutuamente.
Porque el crecimiento no se ha detenido. Todo lo que vive crece. Y todo lo que asciende, converge. Somos como un árbol, que hasta un cierto punto crece en forma de tronco. Pero, a partir de un determinado momento, la necesidad interna de su propio misterio de árbol, hace que se diversifique en ramas. Cada una toma una dirección distinta, y si la vida es plena y no encuentra demasiados obstáculos, la copa se irá abriendo en forma armoniosa, y por lo tanto las ramas se separarán cada vez más en direcciones contrarias. El impulso por ser ellas mismas es lo que terminará por hacerlas encontrar en la totalidad de la copa.
Los bichos que carecen de esqueleto necesitan de un caparazón. Pero cuanto más perfecto es un ser en la escala de las especies, más fuerte tiene su realidad interior, y más sensible es su capacidad de relacionarse con los demás. Creo que en esta etapa del inicio consciente de nuestro camino es cuando más necesitamos relacionarnos con los otros, superando la necesidad y creciendo siempre hacia el deseo.
Todos nacemos en una determinada cultura, que es la memoria colectiva del crecimiento que todo un grupo humano ha ido acumulando, como sabiduría en su relación con la tierra, con los hombres y con Dios. Es una manera de ver la vida, y de integrar una escala de valores.
Pero hoy día ya no podemos contar con una cultura única. Estamos sumergidos en un mundo pluralista, donde tenemos que convivir con otras maneras de pensar y de valorar. Puede haber culturas dominantes que nos quieren imponer su propia visión de las cosas.
Permítanme una humorada que hace poco me regaló un amigo judío. Él me comentaba, en forma jocosa, que cinco grandes judíos trataron de explicar cuáles son las raíces de nuestras decisiones,. Dónde nacen y se asientan nuestros impulsos fundamentales:
1º Vino Moisés y dijo: todo pasa por la cabeza. Lo fundamental es el conocimiento de la ley de Dios y su voluntad.
2º Luego vino Jesús y dijo: todo pasa por el corazón. Lo fundamental es el amor a Dios y al prójimo.
3º Mucho después vino Marx y dijo: todo pasa por el estómago. La economía rige los actos humanos.
4º Casi enseguida vino Freud y dijo: todo pasa por el sexo. La libido es el gran impulso que mueve a los hombres.
5º Finalmente llegó Einstein y dijo:… ¡todo es relativo!
Bromas aparte, es evidente que frente a un mundo con una cultura pluralista y globalizada de la información, el gran peligro es perder una escala de valores y que todo nos dé lo mismo. Es la cultura del zapping, técnica con la que los televidiotas tratan de consumir todo lo que la pantalla les trae, sin necesidad de comprometerse con nada.
Pero, por otro lado, todo lo que crece tiene que alimentarse. Tiene que estar abierto a recibir del exterior, y a la vez debe tener la capacidad de integrar armoniosamente eso que recibe en la unidad de su propia realidad. Y si esto es evidente en lo físico, a través del alimento que recibimos, es mucho más cierto en los otros campos, como el social, el psicológico, el afectivo y también el espiritual.
Hasta pienso que el hecho de tener que compartir un mundo con una visión pluralista, nos obliga a afinar en ambas direcciones. Por un lado, buscar obstinadamente la propia identidad a través de elecciones valiosas a las cuales permanecer fieles, y por otro, el estar abiertos para integrar todo lo positivo que ciertamente nos puede venir de afuera de nuestro mundo propio.
Pero la comunión no puede reducirse a un simple proceso de recibir, discernir e integrar. Tan importante como esto, es la posibilidad de dar y de darse. Sólo llegan a ser plenamente nuestras las cosas que entregamos. El día que lleguemos a la plenitud, habremos dejado todo lo que teníamos y nos llevaremos lo que hemos dado.
Nuestras realidades profundas sólo perduran si logramos hacerlas vida para los demás. De lo contrario, se morirán con nosotros.
Del acierto en nuestras elecciones, y de la capacidad nuestra para comprender y ayudar a los demás compartiendo lo nuestro, puede depender también el que mi hermano no equivoque sus propias opciones.
Mi amor y mi comprensión en sus momentos de debilidad, pueden ser fundamentales para que él pueda también, hacer un acto de fe en la vida y arriesgar más allá de la necesidad y acceder al deseo que lo capacite para la renuncia y el amor.
Pero, también, puede ocurrir lo contrario. Puedo estar tan cerrado en mí mismo que llegue hasta la terrible actitud egoísta que la Biblia cuenta de Caín.
-Y a mí: ¿qué me importa mi hermano?
Yo no soy responsable de él.
Pero ante Dios y ante la vida, todos somos corresponsables de todos.
En Buenas Nuevas; Año 7; Nº33; octubre de 2000.
Del libro La vida que el Padre nos dio de Mamerto Menapace

domenica 6 giugno 2010

Lu 9,11-17

“Gesù prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, li spezzò e li dava ai discepoli …”
11]Ma le folle lo seppero e lo seguirono. Egli le accolse e prese a parlar loro del regno di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure. [12]Il giorno cominciava a declinare e i Dodici gli si avvicinarono dicendo: «Congeda la folla, perché vada nei villaggi e nelle campagne dintorno per alloggiare e trovar cibo, poiché qui siamo in una zona deserta». [13]Gesù disse loro: «Dategli voi stessi da mangiare». Ma essi risposero: «Non abbiamo che cinque pani e due pesci, a meno che non andiamo noi a comprare viveri per tutta questa gente». [14]C'erano infatti circa cinquemila uomini. Egli disse ai discepoli: «Fateli sedere per gruppi di cinquanta». [15]Così fecero e li invitarono a sedersi tutti quanti. [16]Allora egli prese i cinque pani e i due pesci e, levati gli occhi al cielo, li benedisse, li spezzò e li diede ai discepoli perché li distribuissero alla folla. [17]Tutti mangiarono e si saziarono e delle parti loro avanzate furono portate via dodici ceste.
Il vangelo di oggi ci introduce alla comprensione del mistero di un pane che non si esaurisce mai. Tutti i Vangeli narrano questo miracolo che non presenta solo un prodigio, ma una profezia che anticipa il dono di Cristo, sulla croce. Se Cristo ci ha messo il suo Corpo tra le mani, se ci ha chiamati a sé e non vuole lasciarci andare, se ci ha affidato delle persone di cui prenderci cura, se si fida di noi, perché a volte scappiamo, ci deresponsabilizziamo? Cosa ci impedisce dia andare a scrutare in noi stessi per capire cosa possiamo dare a Dio e al Prossimo? Cosa ci blocca? Il non sentirsi in grado, il non essere abbastanza preparati, la paura di sbagliare …? I motivi possono essere tanti, ma devo chiedermi se sono motivi validi, e se posso migliorare con un po’ di impegno. Gesù non ha sostituito i Dodici in quello che potevano fare, li ha invece sostenuti e “impegnati” per la distribuzione di quell’abbondanza che può venire solo dalle sue mani. Nessuno è rimasto a digiuno: questo è l’obbiettivo di Cristo, sfamare tutti. Se allora questi “tutti” ci staranno a cuore, se la loro “fame” entrerà come una sana preoccupazione in noi, se ci daremo pensiero per loro, allora non ci sarà blocco o paura che potranno impedirci di considerare cosa noi possiamo mettere a disposizione.
Nella mia preghiera metterò nelle mani di Dio quello che sono e posso fare, perché Lui mi “impegni” come meglio crede.

L’albero dell’opera

“Quest’opera la potete raffigurare ad un albero. Che cosa si richiede perché l’albero porti frutto, perché sia bello, verde, pieno di vita? Si richiede, cari fratelli, che abbia le radici sane. Se anche quel ramo è secco, non importa, questo non toglie la vita all’albero. Ma se le radici sono guaste, se vi è in esse qualche germe cattivo che rosica e le rovina, le fa morire, oh allora anche l’albero muore, perché non può attingere dalla terra quei succhi che sono necessari per la sua vita. E così è di quest’Opera, o cari. Le radici di quest’albero siete voi, in questo luogo … È de qua che la casa attinge la vita, la forza. Non importa assolutamente che qualche ramo di quest’Opera venga a morire; basta che ci siano le radici sane, l’Opera vivrà e porterà frutto. Ma bisogna star bene attenti che non vi sia qualche germe roditore. Attenti, perché il demonio fa di tutto per vedere di rovinare i disegni che il Signore ha su quest’Opera. Il demonio lavora, lavora tanto e bisogna star attenti che non abbia a mettere il piede quei dentro, perché la sarebbe finita.
La vita de tutta l’Opera dipende da voi, … Di qui la Casa riceve la forza per compiere i disegni del Signore. Siate dunque buoni, siate sante, perché grande è la responsabilità dinnanzi a Dio. Voi dovete rendere conto a Dio di quest’Opera, voi ne siete i responsabili perché, se è vero che ad ognuno il Signore ha affidato la cura del proprio fratello, è pur vero che la responsabilità del buon andamento dell’Opera pesa su ciascuno di voi”.
(Don Calabria – Massime Serale 4147/s)