Esta es la juventud del Papa

Esta es la juventud del Papa

giovedì 30 settembre 2010

La mia casa.

Mt 7,21-27
La Casa è un simbolo che ricorda l’intimità della persona, le relazioni essenziali che ciascuno vive nel suo processo di vita. La Casa ricorda il nostro mondo interiore e la nostra dimensione più profonda. Costruire sopra la roccia significa organizzare le nostre relazioni e la nostra interiorità sotto la Luce e la Forza della Parola.
Come costruirò la mia casa? Rafforzerò le fondamenta. Darò più attenzione a tutto quello che può rovinare la struttura interna ed esterna, creando barriere forti e impenetrabili. Alcune cose essenziali da evitare: la superficialità, la mediocrità, la mancanza di silenzio e contemplazione, non avere un serio programma per la giornata. Programmare la giornata è la chiave giusta per aprire la porta che ci porta alla meta, dove ci sarà Lui, Gesù, e con Lui avrò una vera e profonda amicizia. Non mancheranno i colloqui per confrontare ogni apprendimento.
Alle pareti metterò alcuni quadri. Non mancherà il quadro del mio santo di devozione, dei miei genitori, e i quadri dei miei amici dell’anima. Metterò anche quadri di paesaggi fioriti, laghi e montagne. I quadri saranno lo specchio del mio mondo interiore.
Tutti i giorni entrando o uscendo dalla casa chiederò a Gesù che mi aiuti ad accogliere tutte le persone, specialmente le più indifese.
Nella mia stanza, dove dormo, ci saranno solamente alcune cose, quelle che mi aiuteranno a stare in compagnia di Gesù. L’ultimo mio pensiero sarà per Lui.
La mia casa sarà circondata da giardini e da piante. Io sarò l’unico responsabile di ogni pianta ed aiuola creata.
Tutti i giorni dedicherò momenti particolari ad innaffiare e togliere le erbacce che crescendo disturbano l’ordine. Quello che non serve sarà bruciato perche nessuna radice venga danneggiata. Ogni “mese” farò una pulizia generale per liberare il marciume che soffoca e impedisce la buona crescita del giardino.
Tutti i mesi visiterò il giardiniere professionale per mostrargli l’ultima foto realizzata. Sarò fedele alle sue indicazioni, a tutte le sue richieste e a lui dirò tutto quello che succede nella mia casa e nel mio giardino, con sincerità, onestà e con totale libertà, così sarà più facile strappare le cattiverie che impediscono di cogliere le primizie più saporite ed i fiori più belli di ogni stagione.
Nella mia casa, anch’io sarò un ospite, l’unico con diritto a fissa dimora è Lui, Gesù. Lui sarà l’unico a cui saranno presentate le persone che arrivano, sarà Lui che ci accoglierà e ci mostrerà tutta la casa. Allora, anch’io, avrò la possibilità di essere suo ospite.
Occuperò una piccola stanza, molto semplice, sempre ordinata, senza niente che possa disturbare il silenzio e il rapporto con Dio. Io stesso farò le pulizie e la terrò sempre in ordine. È proprio il Signore a dire “chi vuol essere il primo fra voi sarà il servo di tutti”. (Mc. 9.53). Sono proprio questi piccoli e sconosciuti gesti della nostra vita che costruiscono persone grandi e forti.
Prima condizione per essere discepoli, è seguire Gesù sulla via della umiltà. Umiltà è accogliere i doni di Dio e lasciare che essi rivelino la sua bellezza. Essere amico di Gesù significa anche entrare in comunione con coloro che Lui ama, specialmente i più diseredati ed i più poveri.
Un’altra cosa importante da non dimenticare deve essere quella di “contemplare”, avere sempre lo sguardo fisso al luogo dove si trova il “Padrone”. Egli è uguale per tutti, è molto rispettoso, non alza mai la voce, osserva, ascolta tutto. La sua voce la si può udire nella tranquillità di un vento soave. E’ cosi rispettoso, che nella sua casa, non entra se non è invitato a farlo. È cosi umile che lo si può trovare solo dopo aver superato la barriera della sua stessa umiltà.
Condizione indispensabile per essere suoi discepoli, è seguirlo sulla via dell’umiltà:
“Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, troverete ristoro per le vostre anime”.
Anche S. Giovanni Calabria sente che nell’Opera ogni missione ha la sua origine in Cristo: “è Lui che ancora oggi esce per le strade del mondo, entra nelle case, trova i giovani, i poveri, le famiglie … e invita tutti ad entrare nella casa del Padre, nel suo Cuore! Ma tutto ciò Lui lo vuole fare attraverso ognuno di noi. Il Dio Onnipotente, Creatore, Redentore ha scelto me per portare avanti la sua opera, ed essere segno nel mondo: “orfano di Padre”, Lui è veramente con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.
Nella casa, non sbaglierò mai se mi faccio suo discepolo, se decido di rivolgermi sia per le piccole che per le grandi cose sempre e in tutto a Lui. È semplice, basta mettersi alla sua scuola, fare il suo percorso e la sua stessa offerta di amore, quella di dare la propria vita per gli altri, in un atto di vera carità.
La prima cosa che Lui ci insegna come Maestro è che tutto il mondo è del Padre. E ci dice che questo Padrone non lascia senza ricompensa neppure un bicchiere d’acqua dato in suo nome a chi a sete, ed ogni servizio fatto con amore aggrada Lui e riempie di gioia coloro che lo compiono.
Ho deciso di edificare la mia casa al centro di un immenso giardino, per contemplare Dio nelle sue creature.
Chi potrà passeggiare nel mio ampio giardino?
La risposta viene da don Calabria stesso quando dice:
“Nel tuo giardino, passeranno liberamente le anime specialmente quelle più povere e abbandonate, perche queste sono le predilette da Dio e per me devono essere le gemme e le perle più preziose … Ti raccomando i poveri, amare la loro povertà, saranno ingrati, amateli, sono di Gesù e presto o tardi andranno a Lui. Se i poveri, non vengono noi, non piangiamo, non facciamo inutili lamenti, andiamo noi a loro per monti e per valli, tra spine e sterpi alla loro ricerca di queste pecorelle, impegnando tutti i mezzi e cercando tutte le occasioni con tenacia e pazienza, pregando e sacrificandosi. Gesù sarà con voi, con noi, e benedirà e salverà un giorno le loro (nostre) anime.”
È da tempo già, che io vivo in questa casa. Ho costruito fin dall’inizio, nel centro del giardino un grandioso lago. Sulla riva del lago ho messo delle panchine e sedie, dove si può sedersi per trovare sollievo e riposo. Uno può senza nessun orario entrare e colloquiare con Lui. Stare in silenzio assieme a Lui, unica fonte di luce, alla ricerca di risposte sicure per adempiere alla sua volontà.
è proprio in questa intimità l’occasione per confermare ogni programma di azione nella missione. Capire che nulla si può fare senza di Lui. Nel lago tutti possono venire, possono anche pescare in questo lago.
Le acque sono profonde, non mancano pesci, grandi e piccoli, di razze e tipi diversi. Tra di loro c’è molta amicizia, crescono in famiglia e con grande libertà. Ci sono quelli più deboli e richiedono un trattamento speciale e questo non gli mancherà. Uno può entrare e esplorare ogni ambiente, si possono trovare tutte sparse le differente specie. Ci sono quelli che fanno parte alla famiglia della bontà, o della disponibilità, dell’ascolto o del servizio. Una forma di vita molto ricca, libera e semplice.
Le cose più interessanti succedono nelle acque più calme e profonde.
Nella profondità non mancano le sorprese, puoi trovare tutto quello che mai abbiamo sognato di trovare. Puoi scoprire la medicina giusta per le tue dipendenze, delle tue debolezze ed acciacchi. La sfida importante è decidersi ad affondare per affrontare con coraggio le difficoltà di una vita veramente fiduciosa.
Il Lago e il giardino non hanno orario di entrata. Non sono recintati, vi si può entrare a qualsiasi ora, tutti i giorni dell’anno. Una sola cosa si richiede, entrare senza pretese ne pregiudizi, come se si entrasse nella propria intimità. Con mani e piedi liberi come “luogo di accoglienza, fai da te”. Benvenuti!
O Dio, a cui appartiene il giorno e la notte, fa’ che il sole della giustizia non tramonti mai nel nostro spirito, perché possiamo giungere alla luce gloriosa del tuo regno.

martedì 28 settembre 2010

Accogliere i più fragili

Condizione indispensabile per essere discepoli, è seguire Gesù sulla via dell’umiltà: “Prendete il mio giogo sopra di voi e imparate da me, che sono mite e umile di cuore, troverete ristoro per le vostre anime”. Anche S. Giovanni Calabria sente che nell’Opera ogni missione ha la sua origine in Cristo: “è Lui che ancora oggi esce per le strade del mondo, entra nelle case, trova i giovani, i poveri, le famiglie … e invita tutti ad entrare nella casa del Padre, nel suo Cuore! Ma tutto ciò Lui lo vuole fare attraverso ognuno di noi. Il Dio Onnipotente, Creatore, Redentore ha scelto me per portare avanti la sua opera, ed essere segno nel mondo: orfano di Padre, che Lui è veramente con noi tutti i giorni, fino alla fine del mondo”.

domenica 26 settembre 2010

Il Silenzio di Nazareth
Il mistero di Gesù a Nazareth è il grande mistero del Dio che assume la nostra vita: ci ha assunto in tutto, facendosi un’unica carne con ciascuna delle nostre situazioni concrete. Nazareth è il mistero che redime l’essere creatura dalla insignificanza dei suoi limiti. Il silenzio di Nazareth è il mistero più eloquente di Dio.
A Nazareth Gesù viveva, imparava, lavorava, era rispettato, sapiente, e per ciò che sappiamo, un buon compagno di giochi. Tutto questo ha fatto di una persona come tante altre, anche se non tutto può essere riassunto in questo. Egli possedeva qualcosa in più, una missione, qualcosa, di imprevedibile anche per Giuseppe e Maria. L’unica regola per Gesù era “fare la volontà del Padre”. Fu questa la convinzione che un giorno lo spinse a fare qualcosa di differente da tutto quello che gli altri facevano. Ma, prima di iniziare la missione evangelizzatrice nei tempi della vita pubblica … quanto silenzio, quanta solitudine, quanta routine, quanta vita ordinaria! E fu in mezzo a quella realtà, e nell’ascolto della Parola, e nei suoi incontri col Padre Che Gesù imparò a leggere il suo quotidiano come spazio della rivelazione di Dio.
Ciascuno di noi ha la Nazareth della sua vita, la sua infanzia, la sua storia, la sua famiglia, i legami che là si crearono e andarono crescendo. Ma ciascuno di noi ha anche la sua Nazareth de giorno dopo giorno del silenzio, della vita apparentemente ripetitiva o senza senso, della vita delle piccole cose, di che non chiama attenzione … cammino così normale, cammino di tanti, di tutti … Alla luce del Risorto che ci accompagna in questo cammino di Nazareth vogliamo riscattare l’importanza di tutto questo, di quello che sembra insignificante, di quello che gli altri possono anche disprezzare … ma che contiene vita, molta vita, la sapienza di quello che si va coltivando nel silenzio, nella fedeltà, nella perseveranza … Permettere che la Nazareth della mia vita sia un luogo di rivelazione di quello che Dio vuole da me …
Ci dice Don Calabria: “Carissimi nel Signore, tenete bene a mente che la grandezza dell’Opera sta nella sua piccolezza, nello stare nascosta con Dio a Nazareth … come Gesù vi stette per 30 anni: e nel pregare in silenzio, nella intima unione con Dio, esercitando il santo mistero sul campo che la Provvidenza ci ha assegnato, senza nessun pensiero, senza alcun desiderio di onori, cari fratelli, ma solo sotto lo sguardo di Gesù, senza mai mendicare apprezzamenti”.

sabato 25 settembre 2010

Gesù dedica tempo di qualità alla preghiera personale nell’intimità con il Padre. Imparare a pregare è parte essenziale del processo formativo di Gesù con i suoi discepoli. La preghiera di Gesù deve essere stata un silenzio o un ascolto di Dio, un dialogo talora drammatico con Lui, nella comprensione e accettazione della volontà del Padre. (Il v. 35 di Mc 1, 35) dice che: “Si ritirò in un luogo deserto e là pregava”. La preghiera costituiva per Gesù, oltre che una esperienza di lode ringraziamento a Dio come suo Padre, anche un sincero interrogarsi davanti a Lui per capire “la sua volontà.” E superare le resistenze e compierla senza risparmio. Noi, discepoli di Gesù, solo possiamo rivolgerci a Dio, come nostro Padre, passando attraverso la preghiera di Gesù ed entrando nel dinamismo dell’offerta che egli ha fatto di se stesso.

giovedì 23 settembre 2010

Missione


La missione ha per noi un volto molto specifico. Don Calabria traccia lo stile della nostra missione secondo lo stile di Gesù e dei suoi apostoli. (Mc 1, 38-45)
“Andate … Ricordatevi che chi vi manda è lo stesso Gesù che un giorno ha mandato i suoi Apostoli nel mondo a predicare e prima di tutto a praticare il santo Vangelo … Andate dunque, ma andate come sono andati gli Apostoli: senza nessun pensiero per le cose temporali, senza preoccupazioni. Guardate che questa è la vostra divisa. Dio non vi abbandonerà mai, ma sarete sempre ricchi nella vostra povertà; e se vi sarà bisogno, il Signore per voi farà anche dei miracoli … Guardate che le anime si acquistano a Dio col patimento, con la carità e solo con la carità. Quando non potete parlare alle anime allora parte a Dio delle vostre anime. Non vi fermate mai alla corteccia, guardate la midolla, pensate che sono anime redente dal Sangue del Signore”. Lettera – Don Calabria- 24 febbraio 1932)

mercoledì 22 settembre 2010

Siate di quelli che mettono in pratica la parola e non soltanto ascoltatori, illudendo voi stessi. Chi fissa lo sguardo sulla legge perfetta, la legge della libertà, e lo resta fedele, non come un ascoltatore smemorato ma come uno che la mete in pratica, questi troverà la sua felicità nel praticarla. Dc 1, 22.25
"Coraggio e avanti di giorno in giorno, nella certezza dell'aiuto del Signore. Alziamo il nostro sguardo al Cielo e diciamo: Padre nostro confio in voi, ed il Signore non sarà sordo alle nostre preghiere; e se ci sembrerà che non ci esaudisca secondo i nostri desidere, diciamogli: Sia fatta la tua volontà: credo, o Signore, al tuo amore per me".


giovedì 16 settembre 2010

L’albero dell’Opera

“Quest’Opera la potete raffigurare ad un albero. Che cosa si richiede perché l’albero porti frutto, perché sia bello, verde, pieno di vita? Si richiede, cari fratelli, che abbia le radici sane . Se anche quel ramo è secco, non importa, questo non toglie la vita all’albero. Ma se le radice sono guaste, se vi è in esse qualche germe cattivo che tisica e le rovina, le fa morire, oh allora anche l’albero muore, perché non può attingere dalla terra quei succhi che sono necessari per la sua vita. E così è di quest’Opera, o cari. Le radici di quest’albero siete voi In (luogo dove ti trovi). È di qua che la casa attinge la vita, la forza. Non importa assolutamente che qualche ramo di quest’Opera venga a morire; basta che ci siano le radici sane, l?opera vivrà e porterà frutto. Ma bisogna star bene attenti che non vi sia qualche germe roditore, Attenti, perché il demonio fa di tutto per vedere di rovinare i disegni che il Signore h su quest’Opera. Il demonio lavora, lavora tanto e bisogna star attenti che non abbia a mettere il piede qui dentro, perché la sarebbe finita. La vita di tutta l’Opera dipende da voi, … Di qui la Casa riceve la forza per compiere i disegni del Signore. Siate dunque buoni, siate santi, perché grande è la responsabilità dinanzi a Dion. Voi dovete rendere conto a Dio di quest’Opera, voi ne siete i responsabili perché, se è vero che ad ognuno il Signore ha affidato la cura del proprio fratello, è pur vero che la responsabilità del buon andamento dell’Opera pesa su ciascuno di voi”. (Massime Serale 4147).
L’immagine dell’albero può aiutarci a riflettere su lo spirito di famiglia. L’albero non vive nell’area ma, deve affondare le sue radici nella terra feconda. L’albero dell’Opera deve affondare le sue radici, che siamo noi, nella terra feconda dei rapporti essenziali; rapporto di fratellanza solidale con i poveri e abbandonati. Le radici affondate nel terreno dei rapporti essenziale fa crescere l’albero che è la famiglia e fa circolare il sugo che è lo spirito (carità). Un albero in queste condizioni produce frutti, che per l’opera sono: fraternità, tenerezza, attenzione, semplicità, confidenza, rispetto, carità, linguaggio sereno e evangelico, solidarietà, nella gioia e nel dolore … silenzio e spiritualità di comunione …
Questi frutti migliorano anche le radici, che creano condizioni di approfondire di più nella terra dei rapporti essenziali e cosi ricevono nuove energie e nutrienti per fare crescer l’albero della famiglia e la circolarità del sugo (la carità) e la qualità dei frutti. Così abbiamo creato la circolarità ermeneutica dei rapporti essenziali vissuti nella interiorità e nella alterità trascendente e teocentrica.
Lo spirito di famiglia è un modo di essere, è uno stile di vita basato non nella realtà giuridica (costituzioni), ma, affondato su l’esperienza della paternità/maternità di Dio vissuta nella fraternità e solidarietà. È prendere sul serio i rapporti essenziali e assumere gli imperativi conseguenti, portando frutti.
“Carità, grande carità, soprattutto carità fraterna nella nostra casa e nel nostro ambiente. Carità, che ha il suo fondamento nella nostra elevazione allo stato sopranaturale, alla nostra condizione di figli di Dio, fratelli del nostro Signore Gesù, eredi dei Dio e coeredi con Cristo”. San Giovanni Calabria)

mercoledì 15 settembre 2010

YouTube - Roberto Carlos - As baleias (1981)

YouTube - Roberto Carlos - As baleias (1981)
http://www.youtube.com/watch?v=jevWK3_PuzU
Vedi o caminoneiro
http://www.youtube.com/watch?v=uZMjTU9jBDE
vedi Guerra dos meninos

LO QUE SE VIENE -

“Ojalá que todo el pueblo de Yavé fuera profeta” Nm 11,29
Profetas
Los profetas nunca tuvieron vida fácil. Así que a no asustarse si ahora nos pasa algo parecido, a nosotros, profetas del nuevo milenio.
Es verdad que hubo, hay y habrá profetas de todos los tamaños y colores. Grandes, reconocidos, famosos. Y otros, en cambio, pequeños, con poca pinta de tales. Cito a mi amigo, Leonardo Castellani.
“Cuenta el historiador Josefo, en La Guerra Judaica, que antes de la destrucción de Jerusalén apareció en sus callejas uno que no se sabía si estaba loco o inspirado, venido nadie sabe de dónde, que tenía el mismo nombre de Nuestro Señor (Ieshua), el cual recorría la ciudad sagrada –y deicida- gritando sin cesar: “¡Ay de Jerusalén! ¡Ay del Templo! Fue detenido, interrogado, reprendido, amenazado, castigado y azotado, como ‘derrotista’ y sacrílego; y todo fue inútil; nadie pudo hacerle abandonar su estéril tarea, hasta que fue herido en la frente por un proyectil arrojado de una catapulta; y cayó muerto gritando: ¡Ay de mi!
…Este cuitado había visto la realidad antes que los demás. El que tiene razón un día antes, veinticuatro horas es tenido por irrazonante, dice un proverbio alemán”. (Castellani Leonardo, El evangelio de Jesucristo, ed. Vórtice, 1997, pag. 325).
Hoy día no hace falta sentirse muy inspirado ni gran profeta para decir que, en la iglesia, en la vida religiosa en general e incluso en la Obra, hay cosas que no andan bien, están moribundas o ya fueron.
Revisión de las obras
No sé si es el caso de comparar algunas de nuestras obras al chiste de Mafalda. Esta y Susanita miraban un árbol que sostenía a una enredadera. Y una de ellas comentaba más o menos así: “No sé si el árbol la aguanta porque no sabe cómo sacársela de encima”.
Hagamos otro ejemplo simple y precario, pero que puede ayudar.
Vemos una larguísima red ferroviaria. Hay un tren, a vapor, con muchísimos vagones. Todos colmados, todo lleno. Por mucho tiempo así funcionó la Iglesia, la vida religiosa, las congregaciones. Un tren eficiente, no sólo lleno de pasajeros sino con abundantes y calificados maquinistas, trabajadores, mecánicos. Y todos, o casi, iban en ese tren. Ofrecía buenos servicios espirituales y de formación humana.
A partir de una determinada época (cada cual ponga una fecha), fueron apareciendo nuevas vías, nuevos trenes, más modernos, más veloces, más atractivos. Y muchos fueron pasando a esos nuevos trenes.
Hoy vemos que ese tren a vapor sigue circulando, pero con vagones destartalados, con pasajeros aburridos, con cara de cansancio. Y los maquinistas, mecánicos, trabajadores disminuyen, envejecen y no hay muchos candidatos que los reemplacen.
También se puede dar el caso de que nuestro tren es 0km, nuevo, equipadísimo, con todos los chiches, pero con pocos o indiferentes pasajeros. Y sale caro mantener todo eso. ¿Hay que seguir siempre así? ¿Hasta cuándo?
Por qué escribo estas cosas?
Por varios motivos. Entre ellos:
- Para ayudar a los superiores. Ellos nunca podrían escribir o decir estas cosas. A lo sumo las dirían en voz baja o en privado. La tarea y el lugar que ocupan es muy delicado. Y para aspirar y/o conservar ciertos lugares hay que medir bien las palabras. En cambio, si uno no tiene nada que perder, es más fácil;
- Para achicar un poco esa distancia (enorme) que hay entre lo que decimos y lo que hacemos. Es pesado hablar y practicar ciertos temas en tales circunstancias. Cómo hablar de pobreza, de confianza, de abandono, de providencia si lo hacemos desde la abundancia, apoyados sobre seguridades y medios que no son pocos?
Como en casi todos los órdenes de la vida somos resistentes al cambio. Asusta lo desconocido.Lo que no somos capaces de hacer nosotros, lo harán otros después. Así nos enseña la historia sagrada y la otra. Así lo hicieron Nabucodonosor, Tito, Napoleón, entre otros. Es interesante lo que Perazzolo escribió sobre los fundadores inspirados en la Divina Providencia. Napoleón que había despojado a la Iglesia y a las Ordenes de muchísimos bienes y propiedades que poseía hizo posible que muchos dijeran: “¡Oh! ¿Y ahora quién podrá ayudarnos?”. “¡Yo, la Divina Providencia! ¿No contaban con mi astucia?” Y así surgieron muchas y nuevas congregaciones que trajeron una corriente de aire nuevo en la Iglesia y que tanto bien hizo.
Ojalá que seamos nosotros mismos capaces de hacer lo que corresponda.
Autor anonimo(continuará

sabato 11 settembre 2010

Nel tuo silenzio
Nel tu silenzio accolgo il mistero venuto
a vivere dentro di me.
Sei tu che vieni, o forse è più vero che tu
mi accogli in te, Gesù.
Sorgente viva che nasce nel cuore
è questo dono che abita in mi.
La tua presenza è un fuoco d’amore
che avvolge l’anima mia, Gesù.
Ora il tuo spirito in me dice: “Pace”, non
sono io a parlare, sei tu.
Nell’infinito oceano di pace,
Tu vivi in me, io in te, Gesù.