Esta es la juventud del Papa

Esta es la juventud del Papa

lunedì 26 luglio 2010

"...El profeta Amós, en un célebre pasaje, había expresado con lenguaje duro la condenación de Dios que se cernía sobre los ritos y sacrificios que su pueblo le ofrecía por puro formalismo, sin poner su corazón en ello: "Yo odio, desprecio sus fiestas, me disgustan sus celebraciones. Me presentan holocaustos y ofrendas, pero yo no los acepto ni me complazco en mirar sus sacrificios de novillos gordos. aparten de mí el ruido de sus cánticos, no quiero oir más la música de sus arpas. Hagan que el derecho corra como agua y la justicia como río inagotable" (Am 5, 21-23). Ahora el teólogo hace una parodia del texto, poniendo tomos de teología en vez de novillos cebados, y las teorías de tratados dogmáticos en vez de la música de las arpas, y dice en nombre de Yahvé: "Yo detesto, desprecio vuestras clases, conferencias y seminarios, vuestros sermones, publicaciones y comentarios bíblicos, y no gusto el olor de vuestras discusiones, disquisiciones y cursos de verano. aunque se ofrezcan unos a otros o a mi vuestras recomendaciones pastorales, éticas, dogmáticas y hermenéuticas, no las aceptaré; y tampoco aceptaré los holocaustos de vuestros volúmenes cebados. Quítenme de delante la molestia de los pesados tomos de los antiguos teólogos y las disertaciones de los jóvenes. Y no escucharé la salmodia de las reseñas que publican en vuestras revistas teológicas, cartas o encuentras, ni en vuestros escritos eclesiásticos. Acaben con el ruido de vuestros tratados" (Vallés Carlos, Por la fe a la justicia, pág 89)

domenica 25 luglio 2010

XVII Domenica / Tempo ordinario / c

“Il Padre darà lo spirito a quanti glielo Chiedono” Questa domenica ci parla della preghiera. Da Gesù, maestro di preghiera, impariamo a pregare, partendo dal “Padre Nostro”. Ecco il movimento della preghiera cristiana: dall’ascolto alla fede, dalla fede alla conoscenza di Dio e dalla conoscenza all’amore per lui e per i fratelli.
In un racconto giapponese si narra di tre bambini di fronte a un cuculo. Il primo vuole imporgli di cantare, il secondo sostiene che è meglio invitarlo a cantare, il terzo - il più piccolo – dice: “Io aspetterò semplicemente che canti”. Ecco il nostro atteggiamento corretto di fronte a Dio: da lui attendiamo che la sua grazia canti in noi, per questo nella preghiera che Gesù ci ha consegnato noi narriamo a Dio le opere grandi del suo amore e gli chiediamo che quanto egli ha compiuto nel suo Figlio unigenito si realizzi anche nella nostra vita (Vangelo), noi che, mediante il Battesimo, siamo suoi figli adottivi (II lettura).
… Non si tratta allora di insistere perché Dio si manifesti vicino a noi: egli lo è già! Si tratta di porsi nell’atteggiamento corretto di umiltà, quella stessa di Abramo di fronte a Dio mentre gli chiede pazienza con Sodomia e Gomorra (I lettura) e di disponibilità ad accogliere in noi l’opera della sua misericordia. Dimoreranno allora nella nostra esistenza gli stessi sentimenti di Gesù, il quale, certo che Dio agiva in suo favore, rendeva grazie a lui ancora prima che le sue opere si realizzassero.
(Tiberio Cantaboni)

martedì 20 luglio 2010

La nostra casa

La nostra casa non è una casa qualsiasi, ha una lunga e bella storia. Fu costruita nell’alto della montagna, poco lontano dalle grandi metropoli, un luogo speciale per la contemplazione, il riposo, luogo che aiuta a crescere nella serenità e nella fraternità.
Non era facile edificare grandi case, specialmente subito dopo la guerra, quando tutto era difficile, sacrificato. Ancora si poteva sentire nella propria carne gli spari dei cannoni e le esplosioni delle bombe. Le pietre che venivano utilizzate sembravano contenere macchie di sangue umano.
La casa allora, nasce con il sudore caldo di tanti amici benefattori e di tanta buona gente solidale e generosa, che davano quel poco che avevano oltre al loro tempo per edificare la loro casa.
Il desiderio di tutti era avere un luogo dove trovarsi, passare le vacanze in famiglia, lontano dai rumori delle macchine e del movimento frenetico della città.
Sognavano un Oasi per i campi scuola estivi per tutti quelli che frequentavano i nostri centri in città e non avevano altre possibilità di trovarsi in un ambiente sereno come era Cappadocia.
Una casa non è una cosa, ha vita, si può distruggere, negoziarla, sporcarla d’improperi e non risponderà a nulla. Però, la casa muove i sentimenti delle persone che vivono in essa, sentimenti che vengono rispettati e non possono essere ingannati o negoziati.
La gente di questo paese, soprattutto i più anziani, diciamo i “nostri nonni”, hanno ancora freschissimi ricordi e non dimenticheranno mai, tanti momenti forti di crescita, vissuti insieme.
Quando passano davanti alla casa si fermano, ci guardano, si presentano, chiedendo quasi il permesso per entrare. Manifestano la loro gioia vedendo che ancora qui c’è vita. Le pietre che erano morte sembrano gioire, cantare un’altra volta come avveniva nel loro passato. Non parlano molto, solo trasmettono molti bei ricordi, tanta nostalgia. Nelle loro parole ricordano il passaggio e il passato di tanti illustri personaggi di fede, loro amici, che già sono passati all’altra vita o ad altri luoghi, e che sono presenza marcante nelle loro pagine di vita.
Non ho trovato nel giro di questi ultimi mesi un’anima sola che dia ragione alla “vendita” o alla chiusura della casa, in cambio vedono con la nostra presenza un spunto di speranza, vedono il luogo gioire davvero.
L’aria qui sembra più generosa, più saggia ci fa sentire in pace. Il verde sembra più verde e il sole più brillante. Qui uno si sente in grado di sognare e pensa di poter volare. Ci fa sentire libero. Una vera oasi immersa nel verde e nel cuore della gente.
Qui, quando le persone ogni giorno fanno le loro passeggiate, si fermano davanti alla casa, si siedono, prendano dei bei bocconi di aria e contemplano la vita gioiosa dietro la ringhiera, che indica una proprietà privata, al servizio però, del bene di tutti e perciò rispettata, desiderata ed amata.
Cosa fare perchè il patrimonio non venga a mancare?
Non può mancare il coinvolgimento della gente, amici, volontari e con loro programmare momenti di convivenza, ritiri spirituali, vacanze in famiglia. Giornate solidali per il mantenimento della casa.
Non basta lasciare tutto nelle mani di qualche commissione e sperare tutto da essa. Sarà indispensabile la presenza attiva della comunità religiosa, che appoggerà delle attività, organizzerà incontri spirituali, incontri per le famiglie, per giovani ecc.
Se la casa diventasse funzionante e funzionale, si gestirebbe, come dicevo prima, in modo che possa coprire le spese, evitando un ulteriore carico al bilancio della Congregazione.
La casa in autogestione aiuterà chi la frequenta e soprattutto i giovani a crescere nello spirito di responsabilità, portando senz’altro frutti sia materiali che spirituali.
Spero che questo articolo aiuti a trovare la giusta soluzione su quello che sarà la destinazione della casa di Cappadocia. Se vi sono motivi di cui noi non siamo a conoscenza ma la Congregazione sa, sarà opportuno parlarne, discuterne per vedere se si possa trovare alternative alla vendita e mantenere, questa nostra casa a cui noi ci teniamo tanto, in attività da poter essere sfruttata da tutti quelli che frequentano l’Opera di Don Calabria.
Il nostro augurio è che questa casa possa godere di nuova vita e rimanere aperta per il maggior tempo possibile, per far si che anche il nostro impegno, anche se gravoso, possa dare i frutti che merita.

domenica 18 luglio 2010

La sorgente della vita

La parola di Dio ci riporta al nostro cuore come il figlio prodigo che rientra a casa da un “paese lontano”. Essa, infatti, accolta nel cuore è capace di trasformare il nostro sguardo, perché lo sguardo dell’uomo interiore passa otre la superficie e le apparenze, così da scorgere la presenza di Dio anche tra le preoccupazioni del quotidiano. Nell’affrontare ciò che avviene, vale a dire un futuro che sembra senza futuro, scopriamo che Egli ci viene incontro.
Dopo aver ritrovato noi stessi, interiormente ricreati, comprendiamo meglio la domanda che ci rivolge il Signore: “Quale vantaggio avrà un uomo, se guadagnerà il mondo intero, ma perderà la propria vita?” (Mt ss6, 26). Per Dio non ci sono luoghi talmente profani o periferie della nostra esistenza talmente lontane che Lui non può visitare, l’incontro con Lui però non avviene automaticamente.
Egli si fa cercare e si lascia trovare da chi lo cerca con il cuore sincero, anzi ecco, sta alla porta e bussa … se qualcuno ascolta la sua voce e apre la porta, entrerà da lui e cenerà con lui (cf. Ap. 3,20). In questa reciprocità il nostro cuore vigila su se stesso, sulla sua porta e, nel custodire il nostro cuore, scopriamo che non solo da esso sgorgano le sorgenti della vita, come dice il libro dei Proverbi, ma che proprio in Lui sono tutte le nostre sorgenti (cf. Sal 87).
“Dalla rivista milizia mariana …


La fecondità del silenzio … articolo si suor Barbara Rzepka OSBCam”

Attraversare il caos interiore

Chi si ritrova spesso con se stesso, sa che non basta ritirarsi in un luogo isolato dove non c’è più il chiasso della città. Non basta fuggire dallo stress e procurarsi il tempo della solitudine, ma occorre attraversare la soglia del proprio mondo interiore, e il silenzio è la chiave che ci apre la porta per addentrarci in esso. Questo è un momento estremamente delicato, perché spesso comporta una sorpresa: al posto della quiete interiore ricercata e profondamente desiderata, appena aperta la porta del nostro mondo interiore scopriamo una realtà agitata, che come nello specchio riflette il nostro mondo esteriore.
Speravamo di entrare in un ambiente accogliente e amichevole ed ecco un labirinto spaventoso. Entriamo e ci rendiamo conto che non è sufficiente valicare la superficie che separa i nostri mondi, ma che bisogna attraversare il proprio caos interiore, spesso conflittuale. Non è facile calmare questi conflitti che ci abitano e smorzare il chiasso delle discussioni tra le diverse realtà che soggiornano in noi come i vicini di un condominio.
Bisogna, allora, resistere allo spavento e alla tentazione della fuga che ci riporterebbe al mondo delle nostre abitudini. “Dentro di me si stringe il mio cuore – prega il Salmista davanti ai suoi nemici – m’invadono timore e tremore e mi ricopre lo sgomento. Dico: “Chi mi darà ali come di colomba per volare e trovare riposo? Ecco, errando, fuggirei lontano”, (Sal 55, 4-8). Per scendere negli spazi più profondi occorre rimanere e ascoltare il mondo interiore per accogliere il proprio volto così come esso è, e riconciliarsi con se stessi e con i “nemici” che ci abitano.
Chi ha fatto un’esperienza simile sa che per raggiungere la pace “dell’uomo mosso dallo Spirito che giudica ogni cosa” (1 Cor 2,15), bisogna riscoprire l’essenziale della nostra esistenza, questo “unico necessario” di cui parla Gesù, ospite nella casa di Betania: “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, ma di una cosa sola c’è bisogno: (Lc 10,41). Maria, la sorella di Marta, seduta, ascoltava la parola di Gesù. A mio parere, l’atteggiamento dell’ascolto del nostro mondo interiore ci apre anche all’ascolto della parola di Dio che, come dice l’autore della Lettera agli Ebrei, “ è viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio; essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla, e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore”. (Ebr 4,12).
“Dalla rivista milizia mariana …
"La fecondità del silenzio … articolo si suor Barbara Rzepka OSBCam”

venerdì 16 luglio 2010

Il 16 Luglio si ricorda la Madonna del Carmelo. Quando ero bambino portavo devotamente lo scapolare, era una delle pratiche che la mamma insegnava fin da bambino, chi portassi lo scapolare veniva protetto dalla Madonna, diceva sempre. Non ricordo quando ho smesso di portarlo, ma non ho mai dimenticato di quanto teneva che tutti noi non dimenticassimo questa devozione. Grazie mamma.
Giovanni Paolo II, durante la visita alla comunità parrocchiale di Santa Maria in Trasportina, Roma, il 10 febbraio 1991, ha detto con orgoglio, mostrandolo: “io lo scapolare della Madonna del Carmelo lo porto fin da bambino”.
Nei giorni successivi all’attentato in Piazza San Pietro (13 maggio 1991, ore 17,17) il Papa ha mandato a chiedere ai Padri Carmelitani della nostra chiesa della Madonna del Carmelo in Trasportina un nuovo scapolare, perché quello che già indossava si era macchiato di sangue. Il giorno dopo ha inviato un fascio di rose alla Madonna.
“O Vergine delle Vergine, ricordati di me miserabile e mostra di essermi Madre; diffondi in me sempre più viva la luce di quella fede che ti fece beata; infiammami di quel’amore celestiale onde Tu amasti il Figliolo tuo Gesù Cristo.
Tu, Madre di Dio, che tanto puoi e tanto vali, impetrami da Gesù benedetto i doni celesti dell’umiltà, della castità, della mansuetudine, che furono le più belle gemme dell’anima tua immacolata. Tu concedimi di essere forte nelle tentazioni e nelle amarezze che spesso mi travagliano.
A tutti buona giornata.

venerdì 9 luglio 2010

LA HISTORIA DE PEPE

Pepe era el tipo de persona que te encantaría ser. Siempre estaba de buen humor y siempre tenía algo positivo que decir. Cuando alguien le preguntaba como le iba, el respondía: "Si pudiera estar mejor, tendría un gemelo". Era un gerente único porque tenía varias meseras que lo habían seguido de
restaurante en restaurante.La razón por la que las meseras seguían a Pepe era por su actitud. Él era un motivador natural: si un empleado tenía un mal día, Pepe estaba ahí para decirle al empleado como ver el lado positivo de la situación. Ver este estilo realmente me causó curiosidad, así que un día fui a buscar a Pepe y le pregunté: "No lo entiendo... no es posible ser una persona positiva todo el tiempo. ¿Cómo lo haces?..."Pepe respondió: "Cada mañana me despierto y me digo a mi mismo: Pepe,tienes dos opciones hoy: puedes escoger estar de buen humor o puedes escoger estar de mal humor." "Escojo estar de buen humor"."Cada vez que sucede algo malo, puedo escoger entre ser una víctima o aprender de ello. Escojo aprender de ello"."Cada vez que alguien viene a mí para quejarse, puedo aceptar su queja o puedo señalarle el lado positivo de la vida. Escojo señalarle el lado positivo de la vida". "Si, claro, pero no es tan fácil", protesté.“Si lo es", dijo Pepe. "Todo en la vida es acerca de elecciones. Cuando quitas todo lo demás, cada situación es una elección".“Tu eliges cómo reaccionas ante cada situación, tu eliges cómo la gente afectará tu estado de ánimo, tu eliges estar de buen humor o mal humor".“En resumen, TU ELIGES COMO VIVIR LA VIDA".
Reflexioné en lo que Pepe me dijo... Poco tiempo después, deje la industria hotelera para iniciar mi proprio negocio. Perdimos contacto, pero con frecuencia pensaba en Pepe, cuando tenía que hacer una elección en la vida en vez de reaccionar contra ella. Varios años más tarde, me enteré que Pepe hizo algo que nunca debe hacerse en un negocio de restaurante, dejó la puerta de atrás abierta y una mañana fue asaltado por tres ladrones armados. Mientras trataba de abrir la caja fuerte, su mano, temblando por el nerviosismo, resbaló de la combinación. Los asaltantes sintieron pánico y le dispararon. Con mucha suerte, Pepe fue encontrado relativamente pronto y llevado de emergencia a una clínica. Después de ocho horas de cirugía y semanas de terapia intensiva, Pepe fue dado de alta, aún con fragmentos de bala en su cuerpo. Me encontré con Pepe seis meses después del accidente y cuando le pregunté como estaba, me respondió: "Si pudiera estar mejor, tendría un gemelo". Le pregunté que pasó por su mente en el momento del asalto. Contestó: "lo primero que vino a mi mente fue que debí haber cerrado con llave la puerta de atrás. Cuando estaba tirado en el piso, recordé que tenía dos opciones: podía elegir vivir o podía elegir morir. Elegí vivir". "¿No sentiste miedo?" Le pregunté. Pepe continuó: "Los médicos fueron geniales.
No dejaban de decirme que iba a estar bien.Pero cuando me llevaron al quirófano y vi las expresiones en las caras de los médicos y enfermeras, realmente me asusté. Podía leer en sus ojos: "es hombre muerto." Supe entonces que debía tomaruna decisión. "¿Qué hiciste?" Pregunté. “Bueno, uno de los médicos me preguntó si era alérgico a algo y respirando profundo grité: - "Si, a las balas" - Mientras reían, les dije: "estoy escogiendo vivir, opérenme como si estuviera vivo, no muerto".
Pepe vivió por la maestría de los médicos, pero sobre todo por su asombrosa actitud. Aprendió que cada día tenemos la elección de vivir plenamente, la ACTITUD, al final, lo es todo. Ahora tienes dos elecciones:Un recuerdo, sólo se frustran aquellos que dejan de ver la parte positiva de sus resultados y de la vida.

giovedì 1 luglio 2010

"Yo leo por legítima defensa". Elogio de la lectura.
Así se expresaba una vez el famoso director de cine y escritor norteamericano Woody Allen (1935- ). Me ha parecido una afirmación oportuna, ahora que quien más quien menos va a hacer algún o algunos días de viaje o de vacaciones. Por eso, quisiera ofrecerles una reflexión sobre la lectura o, más concretamente, sobre el libro.
El libro es un amigo especial. No se pone furioso si a un cierto momento lo tiras a un rincón murmurando: “¡No me gusta! ¡No vale la pena! ¡Tiempo perdido!”. Ahí se queda disponible, por si cambias de parecer. No sonríe ni se enorgullece, si le alabas. No se siente molesto si le haces un tatuaje, ¡perdón!, si lo subrayas o escribes una palabra o una frase al borde del texto o pintas un monigote. Le duele, pero se calla, si le arrancas una hoja. No se vuelve medio ciego cuando lo deslumbras con los flashes de la fotocopiadora. Es paciente, no se cansa de esperarte, ni se pone de mal humor si lo olvidas. Disimula, pero se siente –a su manera- halagado, cuando lo aconsejas a un amigo y luego se lo pasas. Se siente feliz a su manera cuando, ante las dificultades de la vida, su lectura te concede un momento de serenidad, te arranca una sonrisa o te conmueve... Y, cuando ya viejo y usado, lo echas a la basura, lo acepta resignado, esperando reencarnarse –posiblemente ampliado y mejorado- en una segunda edición.
Dado el período del año en que vivimos en el hemisferio norte, ciertamente al libro le gusta venir de vacaciones contigo; y puedes estar seguro de que no se va a sentir molesto si lo medio quema el sol de la montaña o lo ensucia la arena de la playa...
Ha sido tenido siempre en mucha consideración. Basta ver qué han dicho de él los grandes pensadores y aquella filosofía en pastillas, fruto de larga experiencia del pueblo, que son los refranes y proverbios:

· Ser como un libro desencuadernado (perderse al hablar).
· Hablar como un libro (hablar muy bien).
· Tener las letras más gordas que un libro de coro (ser muy estúpido).
· Un libro abierto es un cerebro que habla; cerrado, un amigo que espera; olvidado, un alma que perdona; destruído un corazón que llora (proverbio hindú).
· No hay libro tan malo que no tenga algo bueno (frase atribuida a Plinio el Mayor, 23/24-79 dC).
· La lectura es a la inteligencia lo que el ejercicio al cuerpo (Richard Steele, 1672-1729, escritor).
· La lectura hace al hombre completo; la conversación, ágil, y el escribir, preciso (Francis Bacon, 1909-1992, pintor).
· En muchas ocasiones la lectura de un libro ha hecho la fortuna de un hombre, decidiendo el curso de su vida (Ralph Waldo Emerson, 1803-1882, escritor).
· La lectura es como el alimento; el provecho no está en proporción de lo que se come, sino de lo que se digiere (Jaime Balmes, 1810-1848, filósofo).
· Guárdate del hombre de un solo libro (Benjamín Disraeli, 1804-1881, novelista).
· El lector puede ser considerado el personaje principal de la novela, en igualdad con el autor; sin él, no se hace nada (Elsa Triolet, 1896-1970, escritora).
· La lectura de un libro es un diálogo incesante en que el libro habla y el alma contesta (André Maurois, 1885-1967, novelista).
· Donde se quiere a los libros, se quiere a los hombres (Heinrich Heine, 1797-1856, poeta).
· “Yo soy los libros que he leído” (José Luis Borges, 1899-1980, poeta y narrador)...
Pero, hoy día hay quien dice que el libro ya está superado, pasó a la historia, al menos el libro tal como lo hemos conocido nosotros; que lo mejor es la relación. Decía Raymond Klibansky (1905-2005): “Aunque sean necesarios, los libros no hablan solos”; es decir, los libros son necesarios, pero no pueden suplantar la necesidad fundamental de relación humana, sino en todo caso enriquecerla. De ahí lo que Ermanno Olmi, director de cine, hacía decir a un personaje, en el film “Cien clavos” (2007): “Todos los libros del mundo no valen un café con un amigo”. No era contrario a los libros, sino en favor de la relación humana: los libros son instrumentos en favor del hombre, no un fin en sí mismos. Quien sólo lee libros (ciertos intelectuales o personajes –piénsese en el Quijote-) corre el peligro de vivir en un mundo irreal, no hecho de personas.
Lo que pasa hoy día es que estamos entrando en lo que podríamos llamar la cuarta revolución en la historia del libro. La primera fue cuando la humanidad pasó de lo oral a lo escrito en tabillas o esculpido en piedras o grabado en la piel de animales; la segunda, cuando pasó del rollo de papiro a los incunables, al libro escrito a mano; la tercera, la revolución de Gutenberg (1394/99-1468) con la imprenta. Hoy estamos entrando rápidamente en la cuarta: del libro impreso al electrónico, a la era del “e-book” y de los libros “en red”, del CD-ROM visualizado en la pantalla del ordenador cada vez más sofisticado. Y ya estamos pasando del CD al MP3, al... Las bibliotecas se transforman, se amplían; pero, no desaparecen, sino que se enriquecen. De ahí que esto no significa que el libro impreso vaya a desaparecer. Es verdad que de momento el ordenador portátil puede competir con el libro impreso en cuanto a facilidad de uso y portabilidad; pero, si se va la corriente o el motor (web) se estropea..., el libro “clásico” está ahí, tranquilo, esperándonos; tiene una “flexibilidad” única: se puede leer sin corriente eléctrica, basta una vela o un mínimo de luz solar; se puede leer sumergidos en la bañera hasta el cuello, sentados o tumbados de lado en la cama o en un prado verde..., y él sigue contándonos acerca del pasado, del presente y del futuro, de fantasías, belleza o preguntas fundamentales. Y, cuando nos cansamos de él, no hace falta apagar nada: basta dejarlo a un lado, siempre dispuesto a que lo cojamos de nuevo en nuestras manos y lo abramos en cualquier punto deseado.
En fin, así como los filmes no han suprimido los cuadros, ni la televisión el cine, tampoco el libro electrónico suprimirá el libro de papel. El libro puede y debe evolucionar; pero, la humanidad ya no puede prescindir de él, como no puede prescindir de la cuchara, el martillo, la rueda o las tijeras, desde que se inventaron. Y cuando la humanidad ha prohibido libros o quemado bibliotecas, no ha hecho más que suicidar su inteligencia y su imaginación, su libertad; por algo ha sido éste un “deporte” de todo régimen dictatorial... (¿Recuerdan el film “Farenheit 451?”).
Y pienso que lo que más enorgullece a todo libro es que la Palabra de Dios se haya expresado de mil maneras en un libro sin título, mejor dicho, no le hemos encontrado mejor título que el de “Biblia”: palabra griega que significa simplemente “libros”. Es ya lo sumo: no perderse en títulos que puedan despistar o engañar, resultar ridículos o incomprensibles; no, para el libro de Dios la humanidad no ha encontrado un título más digno y expresivo que el de “el” libro por excelencia, “los” libros. El título más simple e inconfundible. Efectivamente, en cualquier librería o biblioteca del planeta, si tú pides la “Biblia”, todo el mundo sabe a qué libro te refieres y dónde se encuentra. Un libro, la Biblia, que ha vivido y sobrevivido a las cuatro revoluciones: nació cuando para escribir se usaban tablillas de arcilla, luego rollos, siglos más tarde se convirtió en un libro encuadernado. Hoy la revolución está en que al papel se le sustituye con la pantalla y los caracteres impresos con “bits”; en que para “colgar” o “descolgar” un texto, una imagen..., no hace falta ir a “perder tiempo” en una biblioteca o a gastar dinero comprándolo en un quiosco o librería: basta encender el ordenador y entrar en el mundo infinito de Internet. Dios se ha acomodado, inculturado, computerizado... Ahí está Él, como siempre, esperándonos, en la forma que deseemos; porque Su Palabra es vieja y nueva, nació en el pasado, vive en el presente, nos esperará también en el futuro..., ¡ténganlo por cierto!
Volviendo a lo que decíamos al principio, en estas próximas semanas habrá quien, como el conocido tenor Andrea Bocelli (1958-; que ha vendido hasta ahora setenta millones de discos), ha dicho que aprovechará estas vacaciones para dar un concierto en favor de los huérfanos del terremoto de Haití. Dicho sea de paso, Andrea es aquél que nació dos veces –como dice él- porque, cuando su madre estaba encinta, el médico le dijo que el niño iba a nacer con algún defecto grave (efectivamente, nació ciego para siempre); pero ella decidió no abortar. Los demás probablemente no vamos a dar ningún concierto...; nos contentaremos con hacer un poco de bien, descansar, relacionarnos, leer algún libro y (¿por qué no?) tararear alguna canción, como la tan conocida de Bocelli: “Con te partirò”:http://www.adreabocelli/
J. Rovira cmf. - Jueves 01 de Julio del 2010
Risplenda la vostra luce davanti agli uomini. (Mt 5,16) "... Guardatevi dal praticare le vostre buone opere davanti agli uomini". Cerchiamo tutti di vivere bene, ma anche di comportarci bene davanti agli uomini. Non tendiamo solo ad avere una retta coscienza, ma per quanto lo comporta la nostra debolezza e lo consente la fraglità umana, sia che nostro fermo impegno a non compiere nulla che possa destare un cattivo sospetto nel fratello debole. Mentre mangiamo buone erbe e beviamo acque limpide, non calpestiamo i pascoli di Dio, perchè le pecore inferme non abbiano a mangiare ciò che è calpestato, e bere ciò che è stato intorbidato.
Proposito: Ciascuno consideri gli altri superiori a se stesso, senza cercare il propro interesse, ma quello degli altri.