Esta es la juventud del Papa

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martedì 20 luglio 2010

La nostra casa

La nostra casa non è una casa qualsiasi, ha una lunga e bella storia. Fu costruita nell’alto della montagna, poco lontano dalle grandi metropoli, un luogo speciale per la contemplazione, il riposo, luogo che aiuta a crescere nella serenità e nella fraternità.
Non era facile edificare grandi case, specialmente subito dopo la guerra, quando tutto era difficile, sacrificato. Ancora si poteva sentire nella propria carne gli spari dei cannoni e le esplosioni delle bombe. Le pietre che venivano utilizzate sembravano contenere macchie di sangue umano.
La casa allora, nasce con il sudore caldo di tanti amici benefattori e di tanta buona gente solidale e generosa, che davano quel poco che avevano oltre al loro tempo per edificare la loro casa.
Il desiderio di tutti era avere un luogo dove trovarsi, passare le vacanze in famiglia, lontano dai rumori delle macchine e del movimento frenetico della città.
Sognavano un Oasi per i campi scuola estivi per tutti quelli che frequentavano i nostri centri in città e non avevano altre possibilità di trovarsi in un ambiente sereno come era Cappadocia.
Una casa non è una cosa, ha vita, si può distruggere, negoziarla, sporcarla d’improperi e non risponderà a nulla. Però, la casa muove i sentimenti delle persone che vivono in essa, sentimenti che vengono rispettati e non possono essere ingannati o negoziati.
La gente di questo paese, soprattutto i più anziani, diciamo i “nostri nonni”, hanno ancora freschissimi ricordi e non dimenticheranno mai, tanti momenti forti di crescita, vissuti insieme.
Quando passano davanti alla casa si fermano, ci guardano, si presentano, chiedendo quasi il permesso per entrare. Manifestano la loro gioia vedendo che ancora qui c’è vita. Le pietre che erano morte sembrano gioire, cantare un’altra volta come avveniva nel loro passato. Non parlano molto, solo trasmettono molti bei ricordi, tanta nostalgia. Nelle loro parole ricordano il passaggio e il passato di tanti illustri personaggi di fede, loro amici, che già sono passati all’altra vita o ad altri luoghi, e che sono presenza marcante nelle loro pagine di vita.
Non ho trovato nel giro di questi ultimi mesi un’anima sola che dia ragione alla “vendita” o alla chiusura della casa, in cambio vedono con la nostra presenza un spunto di speranza, vedono il luogo gioire davvero.
L’aria qui sembra più generosa, più saggia ci fa sentire in pace. Il verde sembra più verde e il sole più brillante. Qui uno si sente in grado di sognare e pensa di poter volare. Ci fa sentire libero. Una vera oasi immersa nel verde e nel cuore della gente.
Qui, quando le persone ogni giorno fanno le loro passeggiate, si fermano davanti alla casa, si siedono, prendano dei bei bocconi di aria e contemplano la vita gioiosa dietro la ringhiera, che indica una proprietà privata, al servizio però, del bene di tutti e perciò rispettata, desiderata ed amata.
Cosa fare perchè il patrimonio non venga a mancare?
Non può mancare il coinvolgimento della gente, amici, volontari e con loro programmare momenti di convivenza, ritiri spirituali, vacanze in famiglia. Giornate solidali per il mantenimento della casa.
Non basta lasciare tutto nelle mani di qualche commissione e sperare tutto da essa. Sarà indispensabile la presenza attiva della comunità religiosa, che appoggerà delle attività, organizzerà incontri spirituali, incontri per le famiglie, per giovani ecc.
Se la casa diventasse funzionante e funzionale, si gestirebbe, come dicevo prima, in modo che possa coprire le spese, evitando un ulteriore carico al bilancio della Congregazione.
La casa in autogestione aiuterà chi la frequenta e soprattutto i giovani a crescere nello spirito di responsabilità, portando senz’altro frutti sia materiali che spirituali.
Spero che questo articolo aiuti a trovare la giusta soluzione su quello che sarà la destinazione della casa di Cappadocia. Se vi sono motivi di cui noi non siamo a conoscenza ma la Congregazione sa, sarà opportuno parlarne, discuterne per vedere se si possa trovare alternative alla vendita e mantenere, questa nostra casa a cui noi ci teniamo tanto, in attività da poter essere sfruttata da tutti quelli che frequentano l’Opera di Don Calabria.
Il nostro augurio è che questa casa possa godere di nuova vita e rimanere aperta per il maggior tempo possibile, per far si che anche il nostro impegno, anche se gravoso, possa dare i frutti che merita.

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