Esta es la juventud del Papa

Esta es la juventud del Papa

venerdì 29 gennaio 2010

Alzare lo sguardo

Il rientro nella mia città
La mattina era fredda, come fredda ho ritrovato la mia città. Ero molto stanco, venivo da lontano, tutto il tempo osservavo in silenzio la strada, la natura maltrattata, distrutta sotto la bianca neve della lunga stagione invernale.
Strada facendo guardavo dentro me stesso e ringraziavo le meraviglie che vedevo all’interno ed all’esterno, tutto mi dava soddisfazione, gioia, freschezza e molta tenerezza. Il silenzio mi parlava di Dio, sentivo chiaramente la sua voce che mi diceva: “ Sei unico e irrepetibile sulla sfera della terra. Io ho creato te, ti ho pensato dal profondo e ti ho amato da sempre. Sento il tuo silenzio, i tuoi desideri, conosco i tuoi pensieri, i tuoi rumori, posso sentire i tuoi lamenti e dolori, non sei solo, io sono ancora qui, sono accanto a te, sono in te”.
Senza accorgermi ero arrivato in città. Nella città tutto era buio, le luci non erano ancora scese. La città era ordinata, pulita e bella. Le ori del mio arrivo passarono veloce e cominciai a vedere come le luci ritornarono a brillare e scoprì allora la reale situazione di come si svolgeva attualmente la vita in questa che fu la mia città.
Le notizie non erano buone, qualche giorno addietro è venuto un uragano, ha lasciato una lunga scia di morti e feriti ed i sopravvissuti sono rimasti senza parola, storditi senza una meta precisa, si piangevano addosso, con lo sguardo a terra sotto i loro piedi. La mia città è stata molto colpita.
Più tardi mi trovai sulla piazza grande, c’era un via vai di macchine per prestare soccorsi e cercando notizie.
Entro in un bar per un corto caffè, un amico mi viene incontro per offrirmelo, lo prendo volentieri, ed era davvero buono, chissà, mi stava mancando proprio quel goccino di speranza, diluito in caffè.
Dopo di che, restai a guardare l’orizzonte. L’amico del cafè era uscito e non l’ho più visto in quel giorno ne giorni seguenti; anche lui era un viandante in questa città, com’ero io.
Riprendo la strada, faccio la salita con molta calma, mi si apre di fronte una lunga via, entro deciso su questa via, alzo lo sguardo a Dio, vado avanti calmo e sereno, ho visto in alto l’indirizzo preciso da seguire che mi mostrava tutta intera la mia vera città; ed è meravigliosa!
Guardando sotto i miei piedi, vedevo solo quelli!

giovedì 28 gennaio 2010


"La Solitudine non si cura con la compagnia umana. La solitudine si cura attraverso il contatto con la realtà, la caduta delle illusioni, il rapporto diretto con ciò che è reale"


"Ecco cosa significa essere soli. In questa solitudine la vostra dipendenza svanisce..."

Cosa intendo per solitudine?

Affermazione positiva: Solitudine significa trovare la pace in me stesso.









mercoledì 27 gennaio 2010

Meu tempo livre … Minha TV
Desculpem, hoje escrevo em português.
Amigos, vou transcrever uma menagem interessante e a passarei em português. Aproveito para dar-lhes uma grande notícia, hoje briguei com a televisão e minha decisão é drástica. Decidi tirá-la definitivamente da minha vida ela não me ajudava mesmo, não me dizia mais nada. Se estava em baixa e assistia notícias me deixavam ainda pior. Se assistia alguns programas preferidos de esporte ou que falassem da vida animal, do globo, do espaço ou da arte, precisava ficar feito "zombi" diante dela horas, e horas intermináveis, para ter minutinhos contados de bom conteúdo, o resto do tempo é puro convite ao consumismo de cométicos, gastronomia, lazer, férias e futilidades.
Briguei com a TV.
Desligar a TV, é recordar que há toda uma vida nos esperando lá fora…
“A teleavisão leva a gente ao esquecimento e à perda de si mesmo”.
“Salve, Salve” como diria o Pedro Bial. “Vamos espiar como nunca”. “Vamos conhecer os novos mártires e os novos heróis!” Está no ar mais uma ediçao do Big Brother Brasil”. É dia de paredão!” Para eliminar fulaninho ligue”… “Não deixe de ligar! “Não deixe de espiar”. Não deixe de bisbilhotar!”.
“Big Brother Brasil”, um programa fútil, vazio, totalmetne desprovido de qualquer principio ético e que instituiu a fofoca em escala nacional em todo o Brasil.
"Admitir ver o Big Brother Brasil (BBB) significa cada vez mais confessar uma falha de escolaridade, passar recibo de fútil, solitário, imaturo. Fuja da gente viciada disso” (Fonte Folha de São Paulo)
A televisão amolece o corpo. A televisão amolece o espírito. Somente a mediocridade televisiva para chamar os participantes do BBB de !heróis! e !mártires!.
"Propagandas, propagandas e mais propagandas".
A invasão do "ser" pelo "ter", ainda na mais tenra idade.
“Compre o que lhe anunciamos”. “Consuma para ser alguém, para ser feliz”.
“Você é o que você ostenta”.
"Quem não consome não existe”…
As emissoras comerciais têm a obrigatoriedade de transmissão de programas educatiavos. E a rede Globo cumpre tal determinação. Porém, tais programas vão ao ar, quase de madrugada e quase sem nenhum anúncio ou chamada que os divulguem, ou incentive sua audiência.
Quer que seus filhos assitam algo educativo na televisão, então coloque o despertador para tocar por volta das 5 horas, sábado e domingo. È esse horário que è exibido e que consta da programação das emissoras de TV aberta como programa educativo.
Nestes tempos em que a conscienteização ecológica e um consumo responsável se fazem tão essenciais para se evitar tragédias ambientais ainda mais severas, as emissoras televisivas visam unicamente o seu lucro imediato e inconsequente.
Para que Educação, para que Ecologia, se o que importa é alavancar as vendas dos anunciantes?
“Troque de carro, troque de celular, beba mais cerveja” … (24 horas por dia, 07 dias da semana). Basta por hoje, amanhã tem mais.
Continua...

martedì 26 gennaio 2010

Questa parola di Dio m’impegna profondamente:
“Vi ho chiamati amici”, dice il Signore, “perché tutto ciò che ho udito dal Padre ve l’ho fatto conoscere”. Gv15,15-16 - “Non voi avete scelto me, ma io ho scelto voi e vi ho costituiti perché andiate e portiate frutto, e il vostro frutto rimanga”, dice il Signore”.
Donaci occhi per vedere le necessità e le sofferenze dei fratelli, infondi in noi la luce della tua parola per confortare gli affaticati e gli oppressi; fa’ che ci impegniamo lealmente al servizio dei poveri e gli oppressi: fa’. La tua chiesa sia testimone viva di verità e di libertà, di giustizia e di pace, perché tutti gli uomini si aprano alla speranza di un mondo nuovo.
Preghiera:
Fortifica, Signore, la nostra fede con il cibo di vita eterna.
Domande che questionano:
· Io, mi vedo come sono, oppure come penso che dovrei essere?
· Provo mai ad affrontare i miei dubbi e a trovare una risposta che sia autenticamente mia?
· Quanto spesso sono in grado di esprimere la mia opinione con calma e autorevolezza?
· Guardo la mia vita. Va veramente nel modo che vorrei?
· Riesco a essere obiettivo nel giudicare gli altri?

venerdì 22 gennaio 2010

Gesù sceglie per stare assieme a Lui, c'è posto anche per me!
Siamo discepoli tuoi
Siamo discepoli tuoi impariamo da te.
Sei il nostro pastore Sei la guida sicura
e dalla tua parola sgorga la novità.
Testimoni di te fino dove tu vuoi.
Sale che dona sapore ci vuoi luce del mondo.
E nello Spirito doni coraggio a lealtà.
E con la forza della libertà
noi camminiamo insieme a te, Gesù.
E il nostro amore confini non ha
perché l’amore sei tu.
Siamo comunità riuniti intorno a te.
Siamo un popolo solo comunione d’amore.
Una sola speranza camminare ci fa.

Mc 3,13-19

In quel tempo, Gesù salì sul monte, chiamò a sé quelli che voleva ed essi andarono da lui. Ne costituì Dodici – che chiamò apostoli-, perché stessero con lui e per mandargli a predicare con il potere di scacciare i demoni. Costituì dunque i Dodici: Simone, al quale impose i nome di Pietro, poi Giacomo, figlio di Zebedèo, e Giovanni fratello di Giacomo, ai quali diede il nome di Boanèrghes, cioè “figli del tuono”; e Andrea, Filippo, Bartolomeo, Matteo, Tommaso, Giacomo, figlio di Alfeo, Taddeo, Simone il Cananeo e Giuda Iscariota, il quale poi lo tradì.

I dodici rappresentano il nuovo Popolo di Dio, prefigurato nell’Antica Alleanza dalle dodici tribù del popolo Israele. La chiesa è apostolica: è fondata sulla testimonianza di quei “dodici”, scelti da Gesù quel giorno , sul monte. La Chiesa per volontà di Gesù, è dotata in modo stabile e permanente di questo servizio, l’autorità data ai Dodici e, in seguito ai loro successori, di condividere la missione del Siagnore. Ancora più importante, però, appare la prima motivazione della costituzione dei Dodici: “ ne costituì dodici perché stessero con Lui”. È anche la nostra vocazione, dolcissima e incomparabilmente bella:”Stare con Gesù”. E non importa se non ci sentiamo degni, fedeli, sufficientemente santi. Sul monte Gesù a scelto dodici … e sicuramente, tra gli amici che Gesù sceglie per stare assieme a Lui, c’è posto anche per me! Io ringrazio Dio ogni giorno, per il dono della sua chiamata.
Non dico: “Dovunque andrai, io ti seguirò!”, perché sono debole, ma mi dono a Te perché sia Tu a condurmi. Fa’ ch’io porti ogni cosa davanti a Te. Come una meridiana non indica l’ora se non con il sole, così io voglio essere orientato da Te, Tu vuoi guidarmi e servirti di me. (Preghiera di John Henry Newman)

martedì 19 gennaio 2010

Mc 2,23-28

In quel tempo, di sabato Gesù passava fra campi di grano e i suoi discepoli, mentre camminavano, si misero a cogliere le spighe. I farisei gli dicevano: “Guarda! Perché fanno in giorno di sabato quello che non è licito?. Ed egli riespose loro: “Non avere mai letto quello che fece Davide quando si trovò nel bisogno e lui e i suoi compagni ebbero fame? Sotto il sommo sacerdote Abiatàr, entrò nella casa di Dio e mangiò i pani dell’offerta, che non è licito mangiare se non ai sacerdoti, e ne diede anche ai suoi compagni!”. E diceva loro: “ Il sabato è stato fatto per l’uomo e non l’uomo per il sabato! Perciò il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato”.
Riposare il sabato, infatti, ha un significato teologico: si riconosce la sovranità di Dio sulla creazione. Ha pure un significato antropologico: la vocazione radicale del credente non è agire ma “ riposare in Dio”, cioè partecipare della comunione con lui, Gesù invita a ripensare il senso del sabato a partire dalla signoria del “Figlio dell’uomo”.
La gloria di Dio è l’uomo vivente”. Sì, quando l’uomo gode della sua felicità, di pienezza di vita, allora anche il cuore di Dio esulta di contentezza e questa è la sua “gloria”. Gesù incalza nella controversia con i farisei e pronuncia un’altra affermazione gravida di conseguenze: “Il Figlio dell’uomo è signore anche del sabato”. In altri termini, più facilmente comprensibili ai suoi contemporanei, Gesù si attribuisce un’autorità divina ha una dolcissima conseguenza: dove potrà trovare veramente riposo il cuore dell’uomo, perennemente inquieto e affaticato? Solo in Lui, in Gesù che di se stesso ha detto: “Venite a me voi tutti che siete stanchi ed oppressi ed io vi darò riposo”.
Solo in Dio riposa l’anima mia; da lui la mia salvezza … Salmo 62

lunedì 18 gennaio 2010

Fede e carità in Cristo


"Chi professa la fede non commette il peccato e chi possiede l’amore non può odiare Dal frutto si conosce l’albero Mt 12,33: così quelli che fanno professione di appartenere a Cristo si riconosceranno dalle loro opere. Ora non si tratta di fare una professione di fede a parole, ma di perseverare nella pratica della fede fino alla fine.
È meglio essere cristiano senza dirlo, che proclamarlo senza esserlo. È cosa buona insegnare, se chi parla pratica ciò che insegna. Uno solo è il maestro, il quale “parla e tutto è fatto” (Sal 32,9), e anche le opere che egli fece nel silenzio sono degne del Padre. Chi possiede veramente la parola di Gesù è in grado di capire anche il suo silenzio e di giungere così alla perfezione. Egli con la sua parola opererà e con il suo silenzio si farà conoscere.
Nulla è nascosto al Signore; anche i nostri segreti sono davanti al suo sguardo. Facciamo dunque ogni cosa nella consapevolezza che egli abita in noi, perché possiamo essere suo tempio e perché egli in noi sia il nostro Dio. Così è di fatto e lo vedremo con i nostri occhi se giustamente lo amiamo".

"S.Ignazio."

domenica 17 gennaio 2010

In questo momento sto pensando ad alta voce … e lo faccio scrivendo! All’inizio o anche alla fine della giornata mi accompagnano tanti pensieri. Riflettendo sulle notizie del giorno mi pongo alcune domande: com’è possibile non vedere che le mie difficoltà sono nulla in confronto a ciò che succede accanto a me ed altrove? Molte volte rimango senza parole, vergognandomi per i miei lamentii e per la mia mancanza di sensibilità.
Più volte rimango male e mi lamento perché qualcuno non mi scrive, qualcun altro rimane immerso nelle sue occupazioni e altri mi hanno risposto male, mentre magari sono io stesso che vado in cerca di carezze o necessito di essere posto al centro di tutto o di tutti, giudico con facilità e mi credo importante. Senza rendermene conto sono quello che deve cambiare per inserirmi con la mia sensibilità…. O Dio mio, che lento cammino nelle tue cose, quanto tardo a capire le tue vie!
Osservo e penso … la mia Comunità, i miei amici, i miei confratelli, un po’ tutti … viviamo le stesse cose, tutti facciamo gli stessi percorsi di vita. Forse non ci rendiamo conto di non preoccuparci degli altri, viviamo senza la gioia di vivere, reclusi in noi stessi pieni di disgusti, di carenze pensando di essere indispensabili, sempre occupati senza mai trovare il tempo per il silenzio profondo, o per gioire praticando il calcio, facendo sport, ascoltando musica, godendo del mare, della montagna o del sole, “perdendo tempo” con il fratello … invece più delle volte finiamo scegliendo” la solitudine, lontano da tutti, da se stessi e con un Dio molto personale.
Nella Congregazione vi sono diversi “over …” (me incluso), immersi in questo stato di cose, ed il problema si complica quando confratelli più giovani si sentono portati a seguire questo stile di vita. L’accumulo degli anni dovrebbe portarci ad una vita piena di saggezza ma purtroppo non sempre questo avviene e spesso finiamo impegnati senza un momento di tranquillità da dedicare a se ed agli altri perché “abbiamo sempre tanto da fare”. Un’altra cosa che mi preoccupa ancor di più, è che non si vede il bisogno di mettersi in discussione, che cosi va tutto bene, sono sempre gli altri che sbagliano e che quindi devono cambiare.
“No” dico io, “non voglio ripetere la loro storia” pensando di essere fuori dal circolo. Negli ultimi anni molti religiosi hanno lasciato la Congregazione, insoddisfatti di questo modo di vivere la vita consacrata che non era più consona alla sua missione iniziale. Più volte mi sono seriamente domandato su quello che succede e mi rimane in bocca un sapore amaro, guardando come tanti fratelli prendono un altro cammino.
Le vocazioni future, “mancanza di vocazioni”, sono un’altra grossa problematica! Sicuramente ci sono tanti giovani vocazionali ancora, ma senza l’entusiasmo e la capacità di coinvolgimento e di ascolto da parte di coloro, “parte, mia, nostra, noi religiosi”, difficilmente avremo la possibilità di veder crescere il numero dei nostri aspiranti religiosi.
Dio mio, che grande responsabilità!
Nel vangelo di Marco, capitolo 1,40-45 troviamo un esempio che può aiutare quanto è stato detto fin’ora. Mi viene la tentazione di comparare il lebbroso alla nostra solitudine. Gesù non rimane indifferente dinnanzi al grido o al silenzio di chi soffre. Si commuove dinnanzi alle nostre tristezze e alle nostre malattie interiori che ci lasciano privi di forza lungo le strade della vita. Io penso che alla “lebbra della solitudine” manca la medicina miracolosa dell’AMORE. Manca amore, manca compassione, manca la capacità di rompere i vecchi schemi e di rimettersi in gioco ogni volta per accettare l’invito che Gesù ci fa, di stendere la mano e incamminarsi senza paure o pregiudizi verso il vero senso della vita che è l’amore. L’amore, lo sappiamo bene, è la cosa più fragile che esista al mondo. E’ vulnerabile a causa della libertà delle nostre scelte. La felicità di appartenere a Dio è inalterabile, è quella della pienezza dell’amore. La sua compassione si riversa sul lebbroso, l’emarginato, l’isolato, l’escluso… Bene e se questo lebbroso fossi proprio io? Se non avessi aiuto da alcuno e mi trovassi completamente solo? Chi è solo spiritualmente perde la voglia di vivere, non ha nessuno da amare e da cui lasciarsi amare. Il suo cuore è prosciugato da sogni e da speranze. “Voglio guarire” dice il lebbroso. Ed il lebbroso riacquista la purezza della sua dignità, è pronto a costruire relazioni degne di un uomo, ritorna in mezzo alla gente. Guarito da Gesù, il suo cuore è di nuovo pronto ad amare. Adesso può gridare e proclamare le meraviglie che Gesù ha operato in lui. Al grido di “voglio guarire”, il lebbroso ha trovato aiuto, ha trovato pace. L’uomo malato manifesta totale fiducia in Cristo, al suo volere.
Gesù desidera guarire il mio cuore, trasformare la mia vita. Gesù mi aiuta solo se io voglio che la cura entri in me.

venerdì 15 gennaio 2010

Mc 2,1ss

La Parola di Dio è sempre attuale, fortissima.

… Si recarono da lui portarono un paralitico, sorretto da quattro persone. Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico. Gesù vedendo la loro fede, disse al paralitico: Figlio, ti sono perdonati i peccati”. Alzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua”. Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: “non abbiamo mai visto nulla di simile!”
Gesù vista la loro fede …”. Queste quattro persone hanno una grande fede in Gesù che compie il miracolo, mosso dall’ammirazione per essa. Questi “barellieri” intraprendenti non hanno nome, sono il simbolo di tutti noi che possiamo, nella fede, farci carico dei nostri fratelli, lontani da Dio, peccatori, bisognosi della sua misericordia. Non compie forse la preghiera questo miracolo di comunione e di intercessione?
O Cristo Dio, in ogni tempo e in ogni ora in cielo e in terra sei adorato e glorificato, sei pieno di misericordia e di condiscendenza, ami i giusti e hai pietà dei peccatori, santifica le nostre anime,m purifica i nostri corpi, correggi i nostri pensieri, rettifica le nostre intenzioni, liberaci da ogni male e dolore. Tu sei benedetto per i secoli dei secoli
Agire: Prima del riposo notturno, farò il mio esame di coscienza, attento e sincero, riconoscerò tendenze cattive e difetti che mi inducono al peccato. Chiederò l’aiuto del Signore.

giovedì 14 gennaio 2010

Il traguardo finale


Il sole sembra che duri ancora chi dice cinque, chi dice sette miliardi di anni. E dopo che cosa accadrà? Nessuno lo sa, non sappiamo neanche se di questo tempo che stiamo vivendo siamo all’inizio, alla metà o alla fine.
Tutti i corpi, i firmamenti, la terra e i suoi regni non valgono il minimo moto dello Spirito perché lo Spirito conosce se stesso e tutte queste cose. (Pascal)
Da tutti questi corpi e anche da tutti questi spiriti non si saprebbe tirar fuori un movimento di vera carità, ciò è impossibile perché è di un altro ordine. (Pascal)
E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti. (1Cor,28).
“Dio tutto in tutti”. Vuol dire che la meta verso cui tendiamo non è una materia informe, una entropia grigia, bensì la pienezza di Dio che riempie tutta l’umanità ma che lascia ciascuno nella sua individualità costituendo un corpo organico, la Chiesa de santi, la Chiesa dell’eternità.
Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose. (Ef 4,10)
Sono formule che indicano la fine e il termine di tutto, come noi possiamo intenderlo, Questo fine è stato descritto in modo mirabile da Teilhard de Charden:
“Un giorno la tensione gradualmente accumulatasi tra l’umanità e Dio toccherà i limiti prescritti dalle possibilità di questo mondo e allora sarà la fine. Allora la presenza di Cristo che si è silenziosamente accresciuta nelle cose sarà improvvisamente rivelata come un lampo da polo a polo, e rompendo tutte le barriere e rompendo il velo della materia e la chiusura delle anime, invaderà la faccia della terra, E allora l’azione delle vere affinità degli essere sarà finalmente liberata: gli atomi spirituali del mondo saranno portati lal loro pieni sviluppo e collegati da una forza generatrice di coesione che occuperà tutto questo universo che sarà sottoposto al Cristo e nel quale Dio sarà tutto in tutti”.
È un testo un po’ poetico e un po’ filosofico, ma ha il merito di riflettere su cosa potrebbe essere il termine, il quale viene pensato come il fatto che Dio riempie ogni cosa e fa di tutto un’unità con lui, lasciando però a ciascuno a la propria individualità e personalità. E questa è la Chiesa eterna, la Chiesa dei redenti.
Teilhard de Charadin insiste sul fatto che tutto questo va aspettato e atteso: noi, cioè, non dobbiamo essere come coloro che sono senza speranza, quasi che il mondo vada verso l’entropia, una gelatina informe nella quale non si capirà è più nulla; la nostra convinzione è che il mondo va verso la pienezza sarà tutta in Dio.
Da questa visione dobbiamo anche ricavare la regola per vivere nel mondo: perciò la Chiesa si forma come comunione e unità, perché vorrebbe rappresentare l’unità di tutti gli esseri sotto il mistero di Dio.

Il traguardo finale

Il sole sembra che duri ancora chi dice cinque, chi dice sette miliardi di anni. E dopo che cosa accadrà? Nessuno lo sa, non sappiamo neanche se di questo tempo che stiamo vivendo siamo all’inizio, alla metà o alla fine.
Tutti i corpi, i firmamenti, la terra e i suoi regni non valgono il minimo moto dello Spirito perché lo Spirito conosce se stesso e tutte queste cose. (Pascal)
Da tutti questi corpi e anche da tutti questi spiriti non si saprebbe tirar fuori un movimento di vera carità, ciò è impossibile perché è di un altro ordine. (Pascal)

E quando tutto gli sarà stato sottomesso, anche lui, il Figlio, sarà sottomesso a Colui che gli ha sottomesso ogni cosa, perché Dio sia tutto in tutti. (1Cor,28).
“Dio tutto in tutti”. Vuol dire che la meta verso cui tendiamo non è una materia informe, una entropia grigia, bensì la pienezza di Dio che riempie tutta l’umanità ma che lascia ciascuno nella sua individualità costituendo un corpo organico, la Chiesa de santi, la Chiesa dell’eternità.Colui che discese è lo stesso che anche ascese al di sopra di tutti i cieli, per riempire tutte le cose. (Ef 4,10)
Sono formule che indicano la fine e il termine di tutto, come noi possiamo intenderlo, Questo fine è stato descritto in modo mirabile da Teilhard de Charden:
“Un giorno la tensione gradualmente accumulatasi tra l’umanità e Dio toccherà i limiti prescritti dalle possibilità di questo mondo e allora sarà la fine. Allora la presenza di Cristo che si è silenziosamente accresciuta nelle cose sarà improvvisamente rivelata come un lampo da polo a polo, e rompendo tutte le barriere e rompendo il velo della materia e la chiusura delle anime, invaderà la faccia della terra, E allora l’azione delle vere affinità degli essere sarà finalmente liberata: gli atomi spirituali del mondo saranno portati lal loro pieni sviluppo e collegati da una forza generatrice di coesione che occuperà tutto questo universo che sarà sottoposto al Cristo e nel quale Dio sarà tutto in tutti”.
È un testo un po’ poetico e un po’ filosofico, ma ha il merito di riflettere su cosa potrebbe essere il termine, il quale viene pensato come il fatto che Dio riempie ogni cosa e fa di tutto un’unità con lui, lasciando però a ciascuno a la propria individualità e personalità. E questa è la Chiesa eterna, la Chiesa dei redenti.
Teilhard de Charadin insiste sul fatto che tutto questo va aspettato e atteso: noi, cioè, non dobbiamo essere come coloro che sono senza speranza, quasi che il mondo vada verso l’entropia, una gelatina informe nella quale non si capirà è più nulla; la nostra convinzione è che il mondo va verso la pienezza sarà tutta in Dio.
Da questa visione dobbiamo anche ricavare la regola per vivere nel mondo: perciò la Chiesa si forma come comunione e unità, perché vorrebbe rappresentare l’unità di tutti gli esseri sotto il mistero di Dio.

"Qualcosa di cosi personale. C M Martini"

mercoledì 13 gennaio 2010

Preghiera personale.

Che cosa cerco quando chiedo di imparare a pregare?
Mettersi in stato di preghiera è una via per arrivare a essere conformi alla volontà di Dio, nella quale tutto diventa più chiaro e la nostra vita si riunifica. Il nostro generico bisogno di unità qui si specifica: è unità con la volontà di Dio, principio della nostra esistenza.
È lo Spirito che prega in noi, lo Spirito che compie, in noi l’unità, lo Spirito che suscita in noi questo desiderio.
La preghiera personale è dare fiato, voce e spazio a questo grido dello Spirito che è in noi.
Il prima di ogni preghiera è lo Spirito Santo, che anela alla nostra comunione col Padre. La dimensione contemplativa della vita, intesa nel suo senso primario, significa fare appello all’orientamento a Dio che è in noi e che si rivela meglio nel silenzio. La gente cerca maestri di preghiera perché capisce che non insegnano solo la preghiera, ma la vita; insegnano come si va a Dio, come si vive il suo primato; insegnano l’essenziale dell’esistenza.
Per questo dobbiamo partire da Dio, ripartire da lui che è in noi, da Dio che si rivela in noi. Ciò che è essenziale nella nostra preghiera personale costituisce poi l’ingrediente di ogni pregare, dà anima alla preghiera liturgica, all’Eucaristia, cioè al nostro partecipare entrandovi, quale espressione del monto fondamentale dello Spirito.
“Donaci, o Signore, di sentire dentro di noi il grido: “Abbà”. Donaci di provare la sete di te, del Dio vivente che è dentro di noi, sete che talora rimane come assopita, come era assopito Pietro nel Getsemani. Concedici di saper vegliare oggi e sempre col tuo Figlio Gesù.”
Meditazioni sulla preghiera. (C.M.Martini)

Preghiera personale.

Che cosa cerco quando chiedo di imparare a pregare?
Mettersi in stato di preghiera è una via per arrivare a essere conformi alla volontà di Dio, nella quale tutto diventa più chiaro e la nostra vita si riunifica. Il nostro generico bisogno di unità qui si specifica: è unità con la volontà di Dio, principio ella nostra esistenza.
È lo Spirito che prega in noi, lo Spirito che compie, in noi l’unità, lo Spirito che suscita in noi questo desiderio.
La preghiera personale è dare fiato, voce e spazio a questo grido dello Spirito che è in noi.
Il prima di ogni preghiera è lo Spirito Santo, che anela alla nostra comunione col Padre. La dimensione contemplativa della vita, intesa nel suo senso primario, significa fare appello all’orientamento a Dio che è in noi e che si rivela meglio nel silenzio. La gente cerca maestri di preghiera perché capisce che non insegnano solo la preghiera, ma la vita; insegnano come si va a Dio, come si vive il suo primato; insegnano l’essenziale dell’esistenza.
Per questo dobbiamo partire da Dio, ripartire da lui che è in noi, da Dio che si rivela in noi. Ciò che è essenziale nella nostra preghiera personale costituisce poi l’ingrediente di ogni pregare, dà anima alla preghiera liturgica, all’Eucaristia, cioè al nostro partecipare entrandovi, quale espressione del monto fondamentale dello Spirito.
“Donaci, o Signore, di sentire dentro di noi il grido: “Abbà”. Donaci di provare la sete di te, del Dio vivente che è dentro di noi, sete che talora rimane come assopita, come era assopito Pietro nel Getsemani. Concedici di saper vegliare oggi e sempre col tuo Figlio Gesù.”

Qualcosa di così personale- "Carlo Maria Martini".
Lectio Divina
La Lectio Divina non è un metodo statico da imparare e basta, ma è un cammino, un itinerario che può condurre molto lontano e molto in alto. Nel silenzio ci domandiamo: sto davvero camminando? Sono discepolo? Continuo, cioè, a imparare la strada della lectio divina?
Il cammino della lectio divina è parallelo a quello della crescita di fede, speranza e carità, della crescita della vita secondo lo Spirito. È un’espressione privilegiata della vita cristiana, con la quale tuttavia si confonde, costituisce un tutt’uno.
Interrogarci sul nostro cammino di lectio divina equivale a interrogarsi sul nostro cammino di fede, speranza, carità. Domanda ardua, che semplifico così: di che cosa godo e di che cosa mi rattristo? Perché nella risposta sta certamente una valutazione del nostro cammino secondo lo Spirito.
È importante esaminarsi e farsi guidare da maestri di preghiera per non errare nel valutare il momento del nostro cammino, in modo da comprendere se la ripugnanza o la fatica che stiamo vivendo nella lectio divina deriva da pigrizia o da grazia, da negligenza o da dono di Dio. Lo stesso stato psicologico può essere determinato infatti da due ragioni diverse e occorre che qualcuno ci aiuti a discernere il cammino, onde non rischiare di fermarci o di tornare indietro.
Noi siamo qui proprio per prendere coscienza della missione che ci è data dal Signore, per intercessione di Giovanni della Croce: essere noi per primi discepoli nel cammino della preghiera, molto carente oggi nella Chiesa e sommamente necessario, e godere qualcosa della meta di tale commino, che è la comunione profonda col Signore.
Dal Libro “Qualcosa di Così personale”. Carlo Martini
Mt 6,5-8
“Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa”.
“Se il prete non celebra l’Eucaristia, la gente se ne accorge, si informa se è malato, va a bussare alla porta; ma se non pratica la preghiera mentale nessuno se ne accorge. Per questo l’ho definita una scelta personale su cui si gioca al massimo il nostro coraggio o la nostra pigrizia: siamo noi e solo noi, non ci sono altri a ricordarcela e a richiamarci”.
Troppi libri rischiano di parlare della preghiera mentale a livello teorico, non considerando che si tratta di qualcosa di strettamente legato all’esperienza di ciascuno. Non esite la preghiera in sé, esiste la preghiera di, la preghiera di me in questo momento, di te in questo momento. Perciò la esperienza personale è fonte inesauribile e ineliminabili di ogni riflessione e a essa dovremmo ricorrere, di più. (Carlo Martini).

martedì 12 gennaio 2010

Mc.1,21ss


Che vuoi da noi, Gesù Nazareno? Sei venuto a rovinarci! Io so che tu sei: il santo di Dio!”
E Gesù gli ordinò severamente: “Taci! usci da lui!”. E lo spirito impuro, straziandolo e gridando forte, uscì da lui. Tutti furono presi da timore, tanto che si chiedevano a vicenda: “Che è mai questo? Un insegnamento nuovo, dato con autorità. Comanda persino agli spiriti imputi e gli obbediscono!”. La sua fama si diffuse subito dovunque, in tutta la regione della Galilea.
L’onnipotenza di Dio si manifesta nella compassionevole bontà di Gesù, che lo induce a diffondere la luce che promana dalle sue parole e ad agire per liberare che è schiavo di satana e delle proprie passioni. Ed ecco ancora una volta lo stupore; Dio è buono, Dio si prende cura di me.
Concedimi il dono dello stupore!
Donami occhi rispettosi, attenti, riconoscenti.
Insegnami a fermarmi: L’anima vive di pause;
Insegnami a tacere: nel silenzio si capisce ciò che è stato concepito in silenzio.
Ovunque hai scritto lettere: fa’ che sappia leggere la tua firma dolce.
Rendimi, Signore, disponibile alle sorprese; sentirò che c’è un filo conduttore in tutte le cose.

lunedì 11 gennaio 2010


2 Ts 3,10b-13
Chi non vuol lavorare, neppure mangi.
Sentiamo infatti che alcuni fra di voi vivono disordinatamente, senza far nulla e in continua agitazione. A questi tali ordiniamo, esortandoli nel Signore Gesù Cristo, di mangiare il proprio pane lavorando in pace. Voi, fratelli, non lasciatevi scoraggiare nel fare il bene.


Preghiera del mattino per aver l’aiuto del Signore.
Salmo 5,2-10. 12-13
Porgi l’orecchio, Signore, alle mie parole: intendi il mio lamento.
Ascolta la voce del mio grido, o mio re e mio Dio, perché ti prego, Signore.
Al mattino ascolta la mia voce; fin dal mattino t’invoco e sto in attesa.
Tu non sei un Dio che si compiace del male; presso di te il malvagio non trova dimora; gli stolti non sostengono il tuo sguardo.
Tu detesti chi fa il male, fai perire i bugiardi.
Il Signore detesta sanguinari e ingannatori.
Ma io per la tua grande misericordia entrerò con timore nel tuo santo tempio.
Signore, guidami con giustizia di fronte ai miei nemici; spiegami davanti il tuo cammino.
Non c’è sincerità sulla loro bocca, è pieno di perfidia il loro cuore;
la loro gola è un sepolcro aperto, la loro lingua è tutta adulazione.
Gioiscano quanti in te si rifugiano, esultino senza fine.
Tu li proteggi e in te si allieteranno quanti amano il tuo nome.
Signore, tu benedici il giusto: come scudo lo copre la tua benevolenza.

domenica 10 gennaio 2010

Domenica del Battesimo di Gesù

Cristo nel battesimo si fa luce, entriamo anche noi nel suo splendore. Giovanni dà il battesimo, Gesù si accosta a lui forse per santificare colui dal quale viene battezzato nell’acqua, ma anche di certo per seppellire totalmente nelle acque il vecchio uomo. Santifica il Giordano prima di santificare noi e lo santifica per noi. E poiché era spirito e carne, santifica nello Spirito e nell’acqua.
Gesù sale dalle acque e porta con sé in alto tutto intero il cosmo. Vede accendersi e aprirsi i cieli, quei cieli che Adamo aveva chiuso per sé e per tutta la sua discendenza, quei cieli preclusi e sbarrati come il paradiso lo era per la spada fiammeggiante.
Lo spirito appare visibilmente come colomba e in questo modo, onora anche il corpo divinizzato e quindi Dio. Non va dimenticato che molto tempo prima era stata pure una colomba quella che aveva annunziato la fine del diluvio.
Onoriamo dunque in questo giorno il battesimo di Cristo, e celebriamo come è giusto questa festa. Purifichiamoci totalmente e progrediamo in questa purezza. Dio di nessuna cosa tanto si rallegra, come della conversione e della salvezza dell’uomo. Per l’uomo, infatti, sono state pronunziate tutte le parole divine e per lui sono stati compiuti i misteri della rivelazione.
Concedi a tutti noi o Padre, di vivere sempre nel tuo amore.

sabato 9 gennaio 2010

Lc 22,39ss

“Pregate, per non entrare in tentazione”.
Domandiamoci in che cosa consista questa tentazione e quale rapporto ci sia tra la tentazione e la preghiera!
L’esortazione a pregare per non entrare in tentazione significa: pregare per non entrare in quell’atmosfera di compromesso e di comodità , di viltà, di fuga e di disinteresse nella quale si matura la scelta di non scegliere, la decisione di non decidere, la fuga dalle responsabilità. Questa situazione è semplificata nel brano evangelico da ciò che fanno gli apostoli: dormono per la tristezza, dormono per non vedere.
Ci sono altri episodi biblici che sottolineano la fuga dalla realtà. Il sacerdote e il levita che, passando presso l’uomo ferito sulla strada di Gerico, chiudono gli occhi e vanno oltre, sfuggano alla domanda di responsabilità. Il grande profeta Elia, anche lui fugge dalla realtà … Giona che fugge perché non vuole affrontare il suo compito di profeta. È la tentazione che prende ciascuno di noi quando chiudiamo occhi e orecchie per non vedere e non sentire i bisogni di chi ci sta intorno. Disimpegnarci, defilarci lontano da ciò che invece ci chiamerebbe a buttarci con coraggio.
L’esortazione di Gesù a pregare per non entrare in tentazione ci fa’ capire che la preghiera non è fuga, non è declinare le responsabilità, non è guardare in faccia la tentazione, la paura, la responsabilità. La preghiera è fare come il samaritano che di fronte all’uomo ferito si ferma e si piega su di lui. La preghiera è audacia che affronta, che ci fa' "essere"...
“Dal Libro Meditazioni sulla preghiera, di C M Martini”.

venerdì 8 gennaio 2010


Il brano del Vangelo della liturgia d’oggi parla della moltiplicazione dei Pani.
La moltiplicazione dei pani e dei pasci è forse il miracolo più novo del Vangelo. Oggi ci viene presentato il racconto della prima delle due moltiplicazioni. L’evangelista Marco dà all’intera narrazione una coloritura eucaristica, adoperando verbi come “prese”, levò gli occhi al cielo, pronunziò la benedizione, spezzò”. Questo racconto ci viene proposto dalla liturgia in questi ultimi giorni del tempo di Natale per meditare sul perché il Figlio di Dio si è fatto uomo: “si commosse per loro”, con queste parole, infatti, si apre la scena della moltiplicazione dei pani e dei pesci.
Agire:
Trascorrerò del tempo in adorazione dell’Eucaristia, il Pane disceso dal cielo. Diceva don Alberione: “Chi visita il tabernacolo, è il povero che cerca il ricco”

mercoledì 6 gennaio 2010

àlzati, rivestiti di luce,...

Abbiamo visto la sua stella e siamo venuti per adorare.
Epifania è la festa della Manifestazione del Signore. Cristo si è manifestato per il mondo intero. Oggi la liturgia ci apre il cuore ad un respiro cattolico. Tutti i popoli, tutte le razze formano la Chiesa universale. È venuto il Signore nostro re: nelle sue mani è il regno, la potenza e la gloria. Per tutti quelli che vogliono trovare Dio, l’indicazione è Betlemme, luogo dove l’umanità e Dio s’incontrano. L’unica possibilità di trovare Dio è andare a Betlemme. I re magi ci indicano il cammino, loro stessi vanno a cercare il bambino che è già in mezzo a noi. La scelta deve essere corretta, non possiamo scegliere qualsiasi strada per trovarsi con il bambino, lui è nato a Betlemme in una mangiatoia, lui è il Re non cerchiamo, sbagliando, altri re o altre strade.
I Magi furono condotti da un segno luminoso verso Gesù Cristo e, seguendolo, raggiunsero quel Bambino a cui offrirono oro, incenso e mirra, simboli del loro riconoscimento in lui il Signore della storia e, nel contempo, l’uomo che dovrà soffrire e morire per la salvezza dell’umanità.
Se, come successe ai Magi, al termine del nostro cammino incontreremo Cristo, allora il nostro cuore sarà pieno di gioia. “Al vedere la stella, provarono una gioia grandissima”. La solennità dell’Epifania ci ricorda che Dio non è lontano, ma manifesta la sua presenza a quanti sono attenti ai segni che egli ci dona perché lo possiamo riconoscere. I Magi intercedano per noi la grazia di essere attenti a quanto lo Spirito suggerisce al nostro cuore per aprirci alla vera adorazione.
“I Magi videro il bambino con Maria sua madre, si prostrarono e lo adorarono. Gli offrirono oro, incenso e mirra”.

lunedì 4 gennaio 2010

Oggi: Lascerò che lo sguardo di Gesù mi penetri, che le sue parole mi raggiungano, che io rimanga con Lui: sosterò in adorazione dinanzi all'Eucaristia.
...Giovanni stava con due dei suoi discepoli e fissando lo sguardo su Gesù che passava, disse: "Ecco l'agnello di Dio!". E i suoi due discepoli, sentendolo parlare così, seguirono Gesù. Gesù allora si voltò e, osservando che essi lo seguivano, disse loro: "Che cosa cercate?". - "Rabbì. Dove, dimori?" - disse loro:"Venite e vedrete".
Che cercate?
Non è forse la domanda che viene rivolta anche a noi?
Che cosa risponderemo a Gesù? E Gesù pone il suo sguardo, penetrante e dolcissimo, nel nostro cuore, come un giorno in quello di Simone.
Che cosa vi troverà il Signore, se non una profonda nostalgia di Lui?
L'incontro con Lui, che vogliamo rinnovare giorno dopo giorno in un crescendo di intimità, è sempre indimenticabile, come la prima volta. Come tra innamorati, pure noi ne ricordimao i dettagli: "erano le quattro del pomeriggio".
Tutto cambia: persino il nome, non più Simone, ma Cefa: abbiamo una vocazione, una missione da scoprire e da adempiere. Non ci rimane che fare come i primi discepoli: "andarono e si fermaronono presso di Lui".

venerdì 1 gennaio 2010

Giornata Mondiale per la pace

Il primo gennaio non è solo per noi cristiani il primo giorno dell’anno civile, il giorno degli auguri e dei regali. Otto giorni dopo la nascita di Gesù, la chiesa ci invita a celebrare sua Madre Maria, Regina della Pace. Facciamo nostro il tema di questa giornata mondiale della pace, indicato da Papa Benedetto XVI: “Se vuoi coltivare la pace, custodisci il creato”.
Un anno nuovo! Lo abbiamo appena iniziato e già si affollano le domande. Come sarà? Che cosa ci riserva? La risposta la conosce solo Dio, A noi spetta il compito di non restare passivi, ma di operare per costruire il nostro futuro. La Vergine Maria, della quale celebriamo oggi, la divina maternità, ci è di esempio. Lei che era sempre attenta a scrutare i segni di Dio, si è mostrata pronta a rispondere in tutto ai divini voleri.
Anche noi, come lei, dobbiamo saper scoprire i segni dell’amore di dio nel nostro mondo ringraziarlo e offrirci come collaboratori della sua opera.