Lectio Divina
La Lectio Divina non è un metodo statico da imparare e basta, ma è un cammino, un itinerario che può condurre molto lontano e molto in alto. Nel silenzio ci domandiamo: sto davvero camminando? Sono discepolo? Continuo, cioè, a imparare la strada della lectio divina?
Il cammino della lectio divina è parallelo a quello della crescita di fede, speranza e carità, della crescita della vita secondo lo Spirito. È un’espressione privilegiata della vita cristiana, con la quale tuttavia si confonde, costituisce un tutt’uno.
Interrogarci sul nostro cammino di lectio divina equivale a interrogarsi sul nostro cammino di fede, speranza, carità. Domanda ardua, che semplifico così: di che cosa godo e di che cosa mi rattristo? Perché nella risposta sta certamente una valutazione del nostro cammino secondo lo Spirito.
È importante esaminarsi e farsi guidare da maestri di preghiera per non errare nel valutare il momento del nostro cammino, in modo da comprendere se la ripugnanza o la fatica che stiamo vivendo nella lectio divina deriva da pigrizia o da grazia, da negligenza o da dono di Dio. Lo stesso stato psicologico può essere determinato infatti da due ragioni diverse e occorre che qualcuno ci aiuti a discernere il cammino, onde non rischiare di fermarci o di tornare indietro.
Noi siamo qui proprio per prendere coscienza della missione che ci è data dal Signore, per intercessione di Giovanni della Croce: essere noi per primi discepoli nel cammino della preghiera, molto carente oggi nella Chiesa e sommamente necessario, e godere qualcosa della meta di tale commino, che è la comunione profonda col Signore.
Dal Libro “Qualcosa di Così personale”. Carlo Martini
Mt 6,5-8
“Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa”.
“Se il prete non celebra l’Eucaristia, la gente se ne accorge, si informa se è malato, va a bussare alla porta; ma se non pratica la preghiera mentale nessuno se ne accorge. Per questo l’ho definita una scelta personale su cui si gioca al massimo il nostro coraggio o la nostra pigrizia: siamo noi e solo noi, non ci sono altri a ricordarcela e a richiamarci”.
Troppi libri rischiano di parlare della preghiera mentale a livello teorico, non considerando che si tratta di qualcosa di strettamente legato all’esperienza di ciascuno. Non esite la preghiera in sé, esiste la preghiera di, la preghiera di me in questo momento, di te in questo momento. Perciò la esperienza personale è fonte inesauribile e ineliminabili di ogni riflessione e a essa dovremmo ricorrere, di più. (Carlo Martini).
La Lectio Divina non è un metodo statico da imparare e basta, ma è un cammino, un itinerario che può condurre molto lontano e molto in alto. Nel silenzio ci domandiamo: sto davvero camminando? Sono discepolo? Continuo, cioè, a imparare la strada della lectio divina?
Il cammino della lectio divina è parallelo a quello della crescita di fede, speranza e carità, della crescita della vita secondo lo Spirito. È un’espressione privilegiata della vita cristiana, con la quale tuttavia si confonde, costituisce un tutt’uno.
Interrogarci sul nostro cammino di lectio divina equivale a interrogarsi sul nostro cammino di fede, speranza, carità. Domanda ardua, che semplifico così: di che cosa godo e di che cosa mi rattristo? Perché nella risposta sta certamente una valutazione del nostro cammino secondo lo Spirito.
È importante esaminarsi e farsi guidare da maestri di preghiera per non errare nel valutare il momento del nostro cammino, in modo da comprendere se la ripugnanza o la fatica che stiamo vivendo nella lectio divina deriva da pigrizia o da grazia, da negligenza o da dono di Dio. Lo stesso stato psicologico può essere determinato infatti da due ragioni diverse e occorre che qualcuno ci aiuti a discernere il cammino, onde non rischiare di fermarci o di tornare indietro.
Noi siamo qui proprio per prendere coscienza della missione che ci è data dal Signore, per intercessione di Giovanni della Croce: essere noi per primi discepoli nel cammino della preghiera, molto carente oggi nella Chiesa e sommamente necessario, e godere qualcosa della meta di tale commino, che è la comunione profonda col Signore.
Dal Libro “Qualcosa di Così personale”. Carlo Martini
Mt 6,5-8
“Quando pregate, non siate simili agli ipocriti che amano pregare stando ritti nelle sinagoghe e negli angoli delle piazze per essere visti dagli uomini. In verità vi dico: hanno già ricevuto la loro ricompensa”.
“Se il prete non celebra l’Eucaristia, la gente se ne accorge, si informa se è malato, va a bussare alla porta; ma se non pratica la preghiera mentale nessuno se ne accorge. Per questo l’ho definita una scelta personale su cui si gioca al massimo il nostro coraggio o la nostra pigrizia: siamo noi e solo noi, non ci sono altri a ricordarcela e a richiamarci”.
Troppi libri rischiano di parlare della preghiera mentale a livello teorico, non considerando che si tratta di qualcosa di strettamente legato all’esperienza di ciascuno. Non esite la preghiera in sé, esiste la preghiera di, la preghiera di me in questo momento, di te in questo momento. Perciò la esperienza personale è fonte inesauribile e ineliminabili di ogni riflessione e a essa dovremmo ricorrere, di più. (Carlo Martini).
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