Esta es la juventud del Papa

Esta es la juventud del Papa

venerdì 30 ottobre 2009

Cristo è il centro

Ecco sto alla porta e busso Ap 3,20
Cristo è il centro di attrazione più caratteristico della preghiera e della contemplazione cristiana. E Cristo è la rivelazione di Dio Padre. Il polo di attrazione che sorge nell’intimo di colui che pratica la meditazione profonda non è tanto un centro di luce o di oscurità, ma la persona stessa di Cristo. Le persone che ogni giorno si sforzano d’incontrare Cristo con una sincera preghiera biblica, con la contemplazione immaginativa o la meditazione riflessiva, o nel semplice dialogo con lui, rimarrebbero certamente perplesse se si dicesse che il Cristo che esse immaginano, sentono e vedono, non è quello vero, profondo del centro contemplativo.
Una parabola ci chiarirà questo punto. I monaci dello Zen posseggono un buon repertorio di storie per indicarci delle realtà che oltrepassano i concetti e le raffigurazioni. Una di queste parabole ci presenta un giovane vedovo che viveva con suo unico figlio di cinque anni. Un giorno, al ritorno del lavoro, vide terrorizzato che il fuoco stava distruggendo la casa. Fuori di sé dalla disperazione, cercava e chiamava il figlio. Ma invano. Quando le fiamme si spensero, apparvero i resti carbonizzati di un bambino. Il padre, piangendo, raccolse le ceneri e le mise in uno scrigno, per conservarle e portarle sempre con sé. Quello scrigno era l’oggetto più caro, il centro delle sue attenzioni. Fortunatamente, quelle ceneri non erano di suo figlio, che si era salvato dall’incendio perché rapito poco prima dai banditi. Un giorno il bambino riuscì a liberasi e si diresse verso la casa del padre: arrivò verso mezzanotte. Il padre stava pregando, con in braccio lo scrigno delle ceneri. Sentì bussare alla porta. “Stai mentendo; mio figlio è morto molti anni fa”, fu la risposta del padre. Il Figlio continuò a bussare, ma il padre, abbarbicato alle sue ceneri, non aprì. Perse così per sempre i suo vero e unico figlio.

Questa la parabola. La verità è che l’uomo, spesso, può aggrapparsi ostinatamente a un’idea, a un sentimento o a una figura superficiale di Cristo, scambiandola per la vera e unica realtà: allora, come quel padre, perderà per sempre il suo vero centro di attrazione.
“Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me”(Ap 3,20)

Cristo è il centro...

Ecco sto alla porta e busso Ap 3,20
Cristo è il centro di attrazione più caratteristico della preghiera e della contemplazione cristiana. E Cristo è la rivelazione di Dio Padre. Il polo di attrazione che sorge nell’intimo di colui che pratica la meditazione profonda non è tanto un centro di luce o di oscurità, ma la persona stessa di Cristo.
Le persone che ogni giorno si sforzano d’incontrare Cristo con una sincera preghiera biblica, con la contemplazione immaginativa o la meditazione riflessiva, o nel semplice dialogo con lui, rimarrebbero certamente perplesse se si dicesse che il Cristo che esse immaginano, sentono e vedono, non è quello vero, profondo del centro contemplativo.
Una parabola ci chiarirà questo punto. I monaci dello Zen posseggono un buon repertorio di storie per indicarci delle realtà che oltrepassano i concetti e le raffigurazioni. Una di queste parabole ci presenta un giovane vedovo che viveva con suo unico figlio di cinque anni. Un giorno, al ritorno del lavoro, vide terrorizzato che il fuoco stava distruggendo la casa. Fuori di sé dalla disperazione, cercava e chiamava il figlio. Ma invano. Quando le fiamme si spensero, apparvero i resti carbonizzati di un bambino. Il padre, piangendo, raccolse le ceneri e le mise in uno scrigno, per conservarle e portarle sempre con sé. Quello scrigno era l’oggetto più caro, il centro delle sue attenzioni. Fortunatamente, quelle ceneri non erano di suo figlio, che si era salvato dall’incendio perché rapito poco prima dai banditi. Un giorno il bambino riuscì a liberasi e si diresse verso la casa del padre: arrivò verso mezzanotte. Il padre stava pregando, con in braccio lo scrigno delle ceneri. Sentì bussare alla porta. “Stai mentendo; mio figlio è morto molti anni fa”, fu la risposta del padre. Il Figlio continuò a bussare, ma il padre, abbarbicato alle sue ceneri, non aprì. Perse così per sempre i suo vero e unico figlio.
Questa la parabola. La verità è che l’uomo, spesso, può aggrapparsi ostinatamente a un’idea, a un sentimento o a una figura superficiale di Cristo, scambiandola per la vera e unica realtà: allora, come quel padre, perderà per sempre il suo vero centro di attrazione.
“Ecco, sto alla porta e busso. Se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io verrò da lui, cenerò con lui ed egli con me”(Ap 3,20)

giovedì 29 ottobre 2009

Il miracolo di un giorno qualunque

Ci sono momenti in cui lo sguardo a un fiore o il suono di una goccia d’acqua che cade in un lago descrivono meglio la realtà di tutte le parole di una gigantesca enciclopedia.
In oltre parole: si devono aprire gli occhi davanti ai miracoli di ogni giorno, Ora, perciò, invece di osservare i distinti livelli del nostro essere, ci occuperemo degli innumerevoli miracoli che ci circondano.

I grandi miracoli, sono quelli di ogni giorno e di ogni momento, così abituali e gratuiti, che non ce ne accorgiamo. Il quotidiano andare e venire del nostro globo, le rivoluzioni dei corpi celesti, le loro orbite fisse, l’aurora e il tramonto, la regolare successione delle stagioni, il correre leggero delle nubi in cielo,il loro condensarsi e precipitare in pioggia, il processo stupendo di un germoglio o il crescere di una pianta, l’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo, il solido terreno che calpestiamo e le città intere… tutte queste meraviglie hanno cessato di provare ammirazione.
Bisogna ricuperare la capacità di meravigliarci davanti a una goccia d’acqua e al crescere di un seme.
Fa che la nostra luce splenda davanti agli uomini, perchè vedano le nostre opere buone e glorifichino il Padre che è nei cieli.

Attitudine mentale

Mi è piaciuto cosi tanto questo che segue e non riesco a tenerlo solo per me, ho voglia di gridarlo a tutti. È importante per ciascuno di noi, perché senza che c’è ne accorgiamo, andando sempre di corsa non riflettiamo mai su noi stessi, rimanendo cosi carenti di positività…
San Paolo esorta i cristiani di Efeso a non vivere come i pagani “nella vanità della loro mente, accecati nei loro pensieri”, ma a “rinnovarvi nello spirito della vostra mente”, rivestendosi dell’uomo nuovo,creato secondo Dio nella giustizia e nella santità vera. (Ef 4,17-24)
Pulizia nell’attitudine mentale
Lungo l’arco della giornata, occorre imparare a far visite improvvise alla nostra mente. Vigilate i vostri pensieri, rendetevi conto se, nel vostro lavoro, tenete la mente tranquillamente in ciò che fate o se, al contrario, è occupata in pensieri inutili che tolgono energie, che dividono la persona e vi distraggono dall’occupazione del momento. L’energia che si perde in questi pensieri e ragionamenti è preziosa e la sua perdita causa stanchezza.
L’attitudine alla vigilanza mentale farà sparire i pensieri inutili o estranei alle vostre occupazioni e manterrà la mente rilassata e tranquilla occupata solamente in quello che si sta facendo. Chi non spreca energie mentali, può concentrarsi con rapidità e facilità, mettere a fuoco l’attenzione con maggiore precisione e, nonostante questa intensa concentrazione, non sentirà debolezza né stanchezza.
Mente Pulita
Una mente pulita non è pigra né egoista. Il suo campo d’interesse non sarà centrato esclusivamente in faccende di propria utilità. La mente pulita ha orizzonti completamente aperti, non guarda le cose dal lato del tornaconto, ma alla luce della loro profondità naturale che, rettamente valutata, rivelerà a sua volta il vero riflesso di Colui che veste i gigli del campo con divini splendori.
L’uomo di mente pulita possiede un pensiero costruivo e positivo; può vedere chiaramente la dimensione limitata delle creature, ma la coglie come una limitazione che si completa nell’insieme generale, cosmico, dell’economia divina della Provvidenza.
Per questo l’uomo dalla mente pulita non cade nella trappola del pensiero negativo, de critiche amare, di pensieri corrosivi e viziosi. È un essere libero, che controlla liberamente la sua enorme energia mentale, usandola per edificare il regno di Dio e non per confondere o disintegrare sé o gli altri.

martedì 27 ottobre 2009

Comunidade fraterna

“Eu já não chamo vocês de empregados, pois o empregado não sabe o que seu patrão faz; eu chamo vocês amigos, porque eu comuniquei a vocês tudo o que ouvi de meu Pai. Não foram vocês que me escolheram, mas fui eu que escolhi vocês. Eu os destinei para ir e dar fruto, e para que o fruto de vocês perseverara. O Pai dará a vocês qualquer coisa que vocês pedirem em meu nome. O que eu mando é isto: amem-se uns aos outros”. Eu mesmo dei a eles a glória que tu me deste, para que eles sejam um, como nós somos um... Quer que estejamos sempre com Ele no Céu. Pai aqueles que tu me deste, eu quero que estejam comigo onde eu estiver, para que eles contemplem a minha glória que tu me deste, pois me amaste antes da criação do mundo.” ...Jesus pede ao Pai especialmente por nós. “Eu peço por eles. Não peço pelo mundo, mas peço por aqueles que me deste porque são teus.” Pai Santo, guarda-os em teu nome...! Atos. 15,23.

Amigos no senhor em comunidade
Nossa atitude na comunidade, diante do Senhor, deve levar-nos à sua presença com humildade. Em sua presença perguntar-nos se estamos em sintonia com Ele e que é mesmo que Ele quer de nós? O mais característico de Jesus é sua total sintonia com o Pai. Passa a vida feliz por fazer a sua vontade. Isto é, portanto, o que deve acontecer também conosco. Transmitir os valores simples, com o coração indiviso, em sintonia com o Pai. Jesus com os 12 apóstolos estabelece uma importante relação de amizade, são seus amigos. Jesus vai ao seu lado, caminha com eles. A amizade de Jesus com os doze é sincera, duradoura é fiél. Pede ao Pai por cada um deles para que ninguém fique excluido e que todos se salvem.
Os sofrimentos e as dificuldades fazem parte da vida da gente. As predileções de Jesus, hão de ser também as nossas. Quais são: crianças abandonadas, pobres, doentes... pessoas nas crises, longe de Deus. As predileções são verdadeiras quando nascem no amor só assim não exclue ninguém. O nosso seguimento especial a Cristo, como consagrados, se dá em comunidade. Todos conhecerão que somos de Cristo, quando damos prova de que nos amamos. Temos que trabalhar a fim de construirmos comunidades que vivem em comunhão, como verdadeiros amigos que colocam tudo em comum.
A Vida Religiosa é necessariamente comunitária. Na vida comunitaria não faltarão os desafios, os conflitos, as dificuldades etc. Comunidades perfeitas ou ideais, não existem, é preciso tomar consciência dessa verdade. As vezes a comunidade é uma beleza, mas as vezes è uma grossa dificuldade. È sabido que. Nosso exemplo, testemunho de fraternidade tem que ser atraente para os outros. È muito importante saber tratar-nos bem, valorizar as pessoas, sem que ninguém se sinta excluido, ter a capacidade de captar as necessidades de cada um. A maior riqueza comunitaria e que não pode faltar são os momentos para a oração comunitaria e pessoal. Aqueles que compartem nosso dia a dia, ficam edificados com nossa maneira de viver e do modo como nos tratamos? E, Jesus, estará contente com nossa vida comunitária?
O que não è comunidade: a comunidade não è comodidade. A comunidade não são as casas, nem são as atividades. A comunidade não é feita de momentos e orários, eles são indispensáveis, são necessários, mas não fazem a comunidade. A comunidade não è um slogan ou teoria. Não è um lugar de onde eu vivo.
O que è a comunidade: comunhão e participação, è família, é vida em movimento, é diálogo fraterno, é amor fraterno, é doação. A comunidade é o lugar aonde eu vivo. A comunidade é lugar de abandono por amor, é lugar para crescermos juntos, aonde se vive a vida alegremente. È o lugar aonde as pessoas transmitem valores com serenidade, abre caminhos de esperança. È o lugar aonde se encarna o evangelio para traduzí-lo na ação do cotidiano. A alegria do cotidiano è estar fezizes por saber de estar fazendo aquilo que Deus quer e isso nos solidariza com os que mais sofrem.
A comunidade são as pessoas, elas, eu … somos … a COMUNIDADE.

domenica 25 ottobre 2009

Purificare la mente

“La mente penetra in ogni attività degli altri livelli, fisico ed emotivo, e si identifica con essi; purificare la mente umana significa quindi purificare tutto l’uomo. La caratteristica principale che si osserva in una mente non purificata è la sua mobilità.
Nella Bhagavad-Gita, uno dei libri sacri, più conosciuti e venerati in India, Arjuna, l’uomo che va cercando la propria liberazione, parla a Dio delle difficoltà incontrate nel tranquillizzare la mente, in questi termini: La mente è inquieta, turbolenta, ostinata e potente. Domarla, mi pare, è più difficile che controllare il vento.
La mobilità della mente è stata paragonata dagli scrittori orientali ai continui e funamboleschi salti della scimmia sui rami degli alberi. È stata paragonata anche al nuoto del pesce, nel suo divagare quà e là, in un oceano di idee. Anche i contemplativi occidentali sono abituati ad affrontare questo inveterato nemico della calma e della serenità interiore.
Santa Teresa parla, come pochi, delle difficoltà incontrate da chi si accinge a far tacere la propria mente, difficoltà che lei stessa sperimentò nel suo cammino di preghiera. La mente rumorosa, è paragonata dalla santa di Avila a un viaggiatore inquieto, che non ha nessuna voglia di tornare a casa per riposare, ma che, al contrario, va cercando altri luoghi dove alloggiare.; altre volte, a una pesante quantità di tronchi secchi che soffocano la debole scintilla della presenza di Dio, appena accesa nel profondo del suo essere; oppure, a una colomba che vola inquieta qua e là, in cerca di cibo, senza entrare nel suo intimo, o a un insieme di api che lavorano fuori dell’alveare. La mente inquieta è un cercatore di ragioni, rumoroso e acuto, un infelice sposo, che molesta la propria sposa, insomma è un pazzo.
Tutte queste immagini ci danno l’idea di quanta fatica comporti la pacificazione a livello mentale, Chi desidera comprovare sperimentalmente che la nostra mente è simile a un viaggiatore instancabile, chiuda gli occhi e si sforzi di ridurre all’immobilità il flusso dei suoi pensieri: il nostro viaggiatore metterà in atto tutte le sue astuzie pur di sfuggire ed evitare l’invito al riposo e alla calma. Come ottenere dunque il riposo di questo viandante?”
Riferendomi ai pensieri e alle parole espressi qui sopra, mi immagino una barca che naviga in alto mare e che porta tante persone differenti, con menti diverse e ognuno con le sue idee. Se le menti non trovano un accordo, non dialogano, non si fermano per ascoltare il cuore, dove soffia il vento ecc., la barca può arrivare a diversi porti ma dificilmente arriverà a quello giusto.
L’unico porto sicuro che unisce le nostre menti e i nostri cuori è l’approdo in Dio...

XXX Domenica.

Gesù disse al cieco: “coraggio! Alzati!”. “Che cosa vuoi che io faccia per te?”E il cieco gli rispose: “Rabbonì, che io veda di nuovo.” (Bartimeo non era cieco dalla nascita ma lo era diventato nel corso della sua vita.)
Gesù ascolta il cieco di Gerico ed esaudisce il suo desiderio. È proprio questa l’attitudine che mi spinge a mettere davvero tutta la fiducia in Cristo, che guarisce tutto l’uomo. Cristo “mi” ascolta, si avvicina, mi tocca, m’insegna a vedere le cose vecchie con occhi nuovi.
Noi vediamo, ma come vediamo? Vedere con occhi nuovi è alzare lo sguardo, è rinnovarsi internamente, è mettere occhiali veri, quelli che illuminano il cammino, il mio modo di fare e di essere.
Gesù non smette di ascoltare il grido che proviene da tutti noi quando usciamo dal suo cammino.
Che Gesù ci aiuti a camminare sulla strada che oggi ci ha indicato e che il nostro “grido” oggi sia: “Signore fa’ che io veda!”. E fa’ che tutti noi lo si possa vedere e sentire nel cuore. La risposta che ci viene da Gesù: “Va’, la tua fede ti ha salvato”, vale anche per ciascuno di noi.
buona domenica a tutti.

mercoledì 21 ottobre 2009

Rilassamento

In genere si può dire che un ritmo lento e tranquillo nei movimenti fisici favorisce l’armonia contemplativa. Non è bisogno di sottolineare che il ritmo imposto dalla vista moderna non aiuta certo quella calma essenziale, tanto benefica anche alla salute fisica e psicologica.
Se potessimo vedere, per un momento, l’enorme quantità di energia fisica consumata quotidianamente in movimenti e tensioni muscolari completamente inutili, resteremmo stupiti. Uscite in strada e osservate le persone: mani e gesti nervosi, facce dure, piedi scalpitanti in attesa dell’autobus… Torrenti d’energia vengono sciupati ogni giorno in chiacchiere inutili, in tanti gesti che si fanno per non stare fermi, per dire qualche cosa, perché gli altri non sopportano il silenzio delle riunioni, perché si pensa di non essere socievoli… I frequenti dolori di testa, gli esaurimenti nervosi, le ulcere di stomaco e tanti altri guai, molto comuni ai nostri giorni, provengono, più spesso di quanto si creda, da questo incontrollato e continuo scippo di energie.
Se, al contrario, conoscete qualcuno che vi ispira profondità e ve la comunica, non appartiene certo agli spiriti agitati e tesi che popolano la nostra società. Un antico proverbio tibetano descrive le ricchezze di un ritmo calmo:
Quando la gallina riposa, dà molto frutto.
Quando il pavone reale rimane immobile, mostra una splendida coda.
Quando il cavalo cammina adagio, allora si nota la sua grazia.
La calma di un santo uomo è segno ch’è un Saggio.
Fonte;Iniziazione alla meditazione profonda (Mariano Ballester)

Rilssamento

In genere si può dire che un ritmo lento e tranquillo nei movimenti fisici favorisce l’armonia contemplativa. Non c’è bisogno di sottolineare che il ritmo imposto dalla vita moderna non aiuta certo quella calma essenziale, tanto benefica anche alla salute fisica e psicologica
Non è bisogno di sottolineare che il ritmo imposto dalla vista moderna non aiuta certo quella calma essenziale, tanto benefica acne alla salute fisica e psicologica.
Se potessimo vedere, per un momento, l’enorme quantità di energia fisica consumata quotidianamente in movimenti e tensioni muscolari completamente inutili, resteremmo stupiti Uscite in strada e osservate le persone: mani e gesti nervosi, facce dure, piedi scalpitanti in attesa dell’autobus… Torrenti d’energia vengono sciupati ogni giorno in chiacchiere inutili, in tanti gesti che si fanno per non stare fermi, per dire qualche cosa, perché gli altri non sopportano il silenzio delle riunioni,perché si pensa di non essere socievoli… I frequenti dolori di testa, gli esaurimenti nervosi, le ulcere di stomaco e tanti altri guai, molto comuni ai nostri giorni, provengono, più spesso di quanto si creda, da questo incontrollato e continuo scippo di energie.
Se, al contrario, conoscete qualcuno che vi ispira profondità e ve la comunica, non appartiene certo agli spiriti agitati e tesi che popolano la nostra società. Un antico proverbio tibetano descrive le ricchezze di un ritmo calmo:
Quando la gallina riposa, dà molto frutto.
Quando il pavone reale rimane immobile, mostra una splendida coda.
Quando il cavalo cammina adagio, allora si nota la sua grazia.
La calma di un santo uomo è segno ch’è un Saggio.

lunedì 19 ottobre 2009

I tempi fissi della preghiera.

È necessario avere dei tempi fissi di preghiera.
Stabiliamoci certi tempi fissi per richiamare alla nostra mente il dovere della preghiera, distogliendola da altre occupazioni o affari, che in qualche modo raffreddano il nostro desiderio, ed eccitandoci con le parole dell’orazione e concentrarci in ciò che desideriamo. Facendo così, eviteremo che il desiderio, tendente a intiepidirsi, si raffreddi del tutto o si estingua per mancanza di un frequente stimolo.
Non è male o inutile pregare a lungo, quando si è liberi, cioè quando non si è impediti dal dovere di occupazioni buone o necessarie. Pero, il pregare a lungo non è, come qualcuno crede, lo stesso che pregare con molte parole. Altro è un lungo discorso, altro uno stato d’animo prolungato. Il Signore stesso ci da l’esempio (pregando a lungo) passando notti in preghiera.
Lungi dunque dalla preghiera ogni verbosità, ma non si tralasci la supplica insistente se perdura il fervere e l’attenzione. Il servirsi di molte parole nella preghiera equivale a trattare una cosa necessaria con parole superflue.
Il pregare consiste nel bussare alla porta di Dio e invocarlo con insistente e devoto ardore del cuore. Il dovere della preghiera si adempie meglio con i gemiti che con le parole, più con le lacrime, che con i discorsi. Dio, infatti, “pone davanti al suo cospetto le nostre lacrime” (Sal 55,9), e il nostro gemito non rimane nascosto (Sal 37,10) a lui che tutto ha creato per mezzo del suo Verbo, e non cerca le parole degli uomini.
Dalla lettera di sant’Agostino, vescovo.

domenica 18 ottobre 2009

Le aspirazione del cuore

Quando preghiamo non dobbiamo mai perderci in tante considerazioni, cercando di sapere che cosa dobbiamo chiedere e temendo di non riuscire a pregare come si conviene. Nella preghiera ci rivolgiamo a colui che, come dice il Signore medesimo, già sa quello che ci è necessario, prima ancora che glielo chiediamo. A Dio non importa tanto la manifestazione del nostro desiderio, cosa che egli conosce molto bene, ma piuttosto che questo desiderio si ravvivi in noi mediante la domanda perchè possiamo ottenere ciò che egli è già disposto a concederci. Perciò ci viene detto: “Aprite anche voi il vostro cuore! Non lasciatevi legare al giogo estraneo degli infedeli” (2 Cor 6,13-14). Il dono è davvero grande, tanto che né occhio mai vide, perché non è colore; né orecchio mai udì, perché non è suono; né mai è entrato in cuore d’uomo (1 Cor 2,9), perché è là che il cuore dell’uomo deve entrare. Lo riceveremo con tanta maggiore capacità, quanto più salda sarà la nostra fede, più ferma la nostra speranza, più ardente il nostro desiderio. Noi dunque preghiamo sempre in questa stessa fede, speranza e carità, con desiderio ininterrotto.
Ma in certe ore e in determinate circostanze, ci rivolgiamo a Dio anche con le parole perché, mediante questi segni, possiamo stimolare noi stessi e insieme renderci conto di quanto abbiamo progredito nelle sante aspirazioni, spronandoci con maggiore ardore a intensificarle. Quanto più vivo, infatti, sarà il desiderio, tanto più ricco sarà l’effetto.
(Dalla lettera di sant’Agostino, vescovo)

sabato 17 ottobre 2009

Domenica del Signore

Oggi si celebra 81ª. Giornata Missionaria Mondiale, che ha come tema: “Vangelo senza confini”. Le letture d’oggi, (Isaia 53,10-11; Ebrei 4,14-16; Vangelo di Marco 10,35-45.), ci aiutano a comprendere il valore della sofferenza subita da Gesù per la nostra salvezza. Nella nostra vita la sofferenza diventa un itinerario da percorrere per comunicare con Cristo, morto e risorto. Cristo è passato attraverso la nostra umanità, pur restando in rapporto con il divino. Si è caricato dei nostri peccati, recuperando l’umanità a Dio. Il destino del Figlio dell’uomo si concretizza nel servire, non nel farsi servire. Questo impegno Egli offre a coloro che lo seguono.. Chi vuol diventare grande tra di voi sarà vostro servitore, e chi vuol essere il primo fra voi sarà schiavo di tutti.
Alla sequela di Cristo, comprendiamo più profondamente quanto le prove e le contrarietà della vita siano necessarie per la costruzione del Regno di Dio.

Missione della Chiesa.
Il Vangelo non è un libro e neppure una semplice regola di vita: il Vangelo è essenzialmente la buona notizia che consiste nella persona di Gesù, presente con gesti e parole accanto a ogni essere umano, specialmente a chi nella società conta di meno ed è messo da parte. Fin dagli inizi la buona notizia fu annunciata nel mondo allora conosciuto, in fedeltà al mandato del Riesorto: “Mi sarete testimoni fino ai confini della terra”. Oggi, nell’epoca del villaggio globale, aumenta la mobilità delle persone, delle comunicazioni, della finanza, mentre antiche e nuove barriere rischiano di dividere ancora persone e popoli su base sociale, etnica, religiosa. Soprattutto il cuore di ogni uomo e donna ricerca e attende una buona notizia che accompagni il cammino le fatiche di ogni giorno.
Nel villaggio globale si fa urgente il servizio di persone che rinnovino la missine di Gesù, di Chiese che sappiano offrire la buona notizia “senza confini”, di missionari e missionarie che ancora partano verso le persone e i popoli in attesa del Vangelo.
Le nostre comunità sono inviate a non considerare solo le legittime e immediate esigenze di evangelizzazione presenti nel loro contesto, ma ad allarga lo sguardo e a condividere l’annuncio del Vangelo e dimensione universale, a offrirlo come il segno della globalizzazione perspicace di Dio”.

Jesus artífice da Paz!


É muito saudável conversar com Deus de noite e de manhã, rezar pelo dia que termina, ou o dia que vai iniciando. É muito bom aprender a descansar na paz do Senhor, deixar Deus ser o senhor dos nossos sonhos. Não deixar passar um dia só de conversar com Deus e colocar-se em suas mãos.
O mundo sabemos, se apresenta dividido, é um empenho pessoal perceber suas ciladas, suas divisões, suas dificuldades, suas rivalidades. No mundo que está aí, encontramos as desuniões, a falta de concórdia, os casais separando-se, os jovens não se comprometem, as crianças são abandonadas ... As pessoas se separam, não conseguem mais se aglutinar.
É nessa realidade concreta que Jesus se incerre. Jesus Cristo diante de um mundo assim dividido, de um povo escravizado e submetido, mostra o projeto de Deus, entra no mundo, se identifica com o mundo, ocupando-se dos últimos, dos mais esquecidos.
Cristo conheceu o que é o mundo do dividido. Ele se faz próximo, vai buscando as pessoas, as aproxima. Jesus vive a dramaticidade das tensões. Ele supera as distâncias, se aproxima. Ele é a nossa paz (Efes. 2,15ss).
Jesus veio unir, reconciliar, costurar a humanidade. Jesus faz a paz. Ele é a garantia da paz, é o artífice da Paz.
Cristo nos ensina a partilha. Nos ensina o perdão. Jesus Cristo é quem vence as barreiras. Ele fez um só povo, sofrendo em carne própria o muro da inimizade. Morrendo na cruz, Ele matou a inimizade, Cristo derrubou as muralhas do Templo. Em Cristo, temos a felicidade de sermos reconciliados. Ele é a nossa paz.
Que acontece em meu interior ao dar-me conta que Jesus entra num mundo dividido?
Jesus quer a conversão, qual é o vírus que deve ser estirpado? Será o de terminar com o vírus “doentio” escondido em meu mundo interior? Será acolher as pessoas sem ressentimentos, sem rejeições, sem discriminações?
Não podemos bloquear a ação de Deus. Nós temos que acreditar na ação da graça, da misericórdia de Deus, do seu perdão. O projeto de Deus é o de restaurar as pessoas. Perceber que nós somos perdoados. Não existe mais condenação alguma para quem está com Jesus Cristo. (Rom 8,1). O projeto de Deus faz de nós instrumentos de Deus. Nos ensina a enfrentar as dificuldades sem mágoas. Mostra-nos que a obra de Deus é unir, costurar, cura e aproxima. Jesus derruba as barreiras que separam as pessoas.
Aprendamos de Jesus a não guardar ressentimentos. Ver tudo aquilo que acoantece, alegrias e tristezas, feridas, sofrimentos e morte, à luz da Palavra de Deus. Descobrir o amor que Deus tem com cada um de nós. Descobrir o Cristo que desarma os ressentimentos. Aprendamos de Jesus tudo, até entrar na profunda paz interior.
Os problemas não são o nosso fim, só quem passa por eles entenderá aqueles que passam pelos mesmos problemas.
Quais são as preocupações constantes e mais fortes que impedem minha felicidade, que não me deixam na paz de Cristo? Quais são meus maiores apegos e que deverão ser deixados para servir com liberdade a Deus?
Convido hoje, (primeiramente eu mesmo), identificar com sinceridade quais são os maiores apegos ou fantasias que dificultam a construção de um mundo de maior paz e de liberdade que se contrapõe ao mundo do “poder desordenado”, de poucos, escravizando um montão!

venerdì 16 ottobre 2009

Dal Vangelo secondo Luca, 12, 1-7
In questo brano non possiamo fare i distratti e credere che niente è per noi. Proviamo a sederci, non proseguiamo il cammino senza fare una pausa per guardarci dentro e lasciarci intimidire dalla fermezza in cui Gesù c’insegna. Comincia il brano dicendo che in quel tempo, si erano radunate migliaia di persone, al punto che si calpestavano a vicenda, e Gesù cominciò a dire anzitutto ai suoi discepoli:
• “Guardatevi bene dal lievito dei farisei, che è l’ipocrisia.
• Non c’è nulla di nascosto che non sarà svelato, né di segreto che non sarà conosciuto.
• Tutto ciò che avrete detto nelle tenebre sarà udito in piena luce.
• Tutto che avrete detto all’orecchio nelle stanze più interne sarà annunciato dalle terrazze.
• Non abbiate paura di quelli che uccidono il corpo e dopo non possono fare più nulla.
• Temete colui che dopo aver ucciso, ha il potere di gettare nella Geènna.
• Non si vendono forse 5 passeri per due soldi? Eppure nemmeno uno di essi è dimenticato davanti a Dio.
• Anche i capelli del vostro capo sono tutti contati.
• Non abbiate paura: valete più di molti passeri!”.

Gesù è molto severo contro la nostra ipocrisia, contro la mancanza di sincerità.

Bons desejos

A minha Congregação é uma grande família. Hoje quero transcrever algumas coisas dessa minha família, que anos atrás me interrogavam e nesse tempo, me consolava escrevendo em forma de desabafo em meu “livro-diário”.
Escrevia então: como gostaria que em minha família religiosa naõ existissem tantas diferenças entre nós e que nossa amizade fosse sincera e profunda. Como gostaria que todos fossemos importantes, que existisse maior igualdade e que ninguém gozasse de privilégios especiais. Como gostaria encontrar menos resistências, menos barreiras e maior liberdade nas relações interpessoais.
Os pobres, Don Calabria diz que são as nossas pérolas preciosas e que valem milhões. Desde meu lugar procuro ver quem são para mim “as pérolas preciosas” e de verdade sinto escalofrios, não consigo nem dormir direito e quero pensar que algo há mudado, talvez eu esteja vendo mais os milhões e menos as pérolas, ou será que sou eu quem não consegue mais ver o lado lindo do mundo dos pobres que um dia abracei?
Leio a Palavra de Deus, mas não consigo praticá-la. Quero falar com alguém das minhas coisas mais profundas e não sei como fazê-lo. Vou procurando alguém sábio com quem falar e não encontro ninguém. Então me pergunto, aonde é que estão os verdadeiros sábios? Eu mesmo respondo fazendo outra pergunta, não estarão ocupados demais em suas coisas pessoais e ninguém mais aceita ser sábio? Tenho a impressão de encontrar pessoas muto ocupadas, correndo demais detrás de ocupações, seus afazeres e pouco sensíveis aos problemas alheios. Como gostaria também que as comunidades fossem mais fraternas, compartilhassem mais o pão espiritual e a comunhão apostólica.
Como gostaria que se fizessem menos discursos ou teorias sobre a fraternidade e se fabricassem maiores espaços para o diálogo e a confraternização. Como gostaria que o sistema deixasse de fabricar pessoas sérias demais, mas que enchesse todas as praças do mundo, de pessoas cheias de entusiasmo, alegres, livres, capazes de encantar outra vez como fez Jesus Cristo um dia. Gostaria mesmo que o sistema criasse pessoas mais afetuosas e menos necessitadas de afeto, tristes e solitárias.
Não será que em tudo isto sobram discursos e faltan momentos de serenos diálogos?
Não estarão faltando iniciatiavas que favoreçam o derrumbe das armadas barreiras, fabricadas encima dos mecanismos de defesa e dos desaforrados preconceitos, aplicados aos outros em defesa pessoal?
Hoje eu estou aqui e estou só! Meu computador transformou-se numa boa companhia, quade uma dependência tecnológica e assim as relações ficaramm marcadas pela frieza e incompreensões. Eu sinto em minha carne, como o sistema criou-me dúvidas profundas naquilo que acredito (confiança), e da importância da oração (esperança), e assim, desconfio da sua força e do seu poder para a minha vida.
O “ Buscai em primeiro lugar o Reino de Deus…” virou uma espécie de utopia e o Carisma está ficando aguado demais. Não consigo me interrogar, tenho medo do silêncio interior, fujo ao exame profundo e nem me pergunto mais sobre que lugar está ocupando o “verdadeiro Deus” em mim?
Sobre minha vocação pergunto-me se ela ainda diz alguma coisa para os outros?
E também se ela consegue ainda ser motivo de entusiasmo para outros?
O cambio de vida começa dentro de mim. Eu preciso mudar é hora de dar o primeiro passo. Don Calabria diria hoje vou começar tudo outra vez. Deus sabe esperar, mas depois pede uma resposta generosa, diferente ao do mundo lá fora, ou seja, diferente daqueles que abraçam o trono e o ribombar dos aplausos, do acomodo, da vida fácil e sem compromissos duradouros.
Seria outra coisa se todos aprendêssemos a viver um pouco melhor o mandamento “Amar a Deus sobre tudo e ao próximo como a si mesmo”.
No evangelho de Mateus 5, encontramos outro pedido muito forte de se viver “Sede todos, perfeitos como vosso Pai celeste é perfeito”. (Mt.5,43ss.)
...
Alguns anos mais tarde, (= hoje) ... Agradeço a Deus que me ajudou a olhar o mundo de outra maneira, ajudou-me olhar o mundo com os olhos da luz. Hoje não faltam as dificuldades, não faltam as provas, o mundão é ainda o mesmo, talvez tenha piorado, mas mudando meu modo de olhar, tudo têm cobrado novo valor...nova vida. Por isso tudo eu lhe devo minha nova vida a Deus... obrigado!

giovedì 15 ottobre 2009

Romani 2,1-5ss.

Nessuno è innocente
Noi sappiamo che Dio pronunzia una giusta condanna contro quelli che si comportano in questo modo. Perciò, mentre giudichi gli altri condanni te stesso, perché fai proprio le stesse cose che condanni.
O forse agisci così, perché disprezzi la grande bontà, la tolleranza e la pazienza di Dio? Ma non sai che Dio usa la sua bontà per spingerti a cambiar vita?
Tu invece sei ostinato, e non sei disposto a cambiar vita. In tal modo attiri su di te la collera di Dio, per il giorno del castigo nel quale egli si manifesterà per pronunziare la sua giusta sentenza.

Dio giudica gli uomini
Dio ripagherà ciascuno secondo le proprie azioni. Darà vita eterna a quelli che cercano gloria, onore e immortalità facendo continuamente il bene; manifesterà invece la sua collera e la sua indignazione contro quelli che sono egoisti e non seguono la verità, ma ubbidiscono a tutto ciò che è ingiusto. Sofferenza e angoscia colpiranno chi fa il male e darà gloria, onore e pace a quanti compiono il bene. Dio infatti non fa differenze.

domenica 11 ottobre 2009

“Signore, tu… mi conosci! (Sal 138,1)

Era una mattinata movimentata, quando un anziano gentiluomo di un’ottantina di anni arrivò per farsi rimuovere dei punti da una ferita al pollice.
Disse che aveva molta fretta perché aveva un appuntamento alle 9:00.
Rilevai la pressione e lo feci sedere, sapendo che sarebbe passata oltre un’ora prima che qualcuno potesse vederlo.
Lo vedevo guardare continuamente il suo orologio e decisi, dal momento che non avevo impegni con altri pazienti, che me sarei occupato io della ferita.
Ad un primo esame, la ferita sembrava guarita: andai a prendere gli strumenti necessari per rimuovere la sutura e rimedicargli la ferita.
Mentre mi prendevo cura di lui, gli chiesi se per caso avesse un altro appuntamento medico dato che aveva tanta fretta.
L’anziano signore mi rispose che doveva andare alla casa di cura per far colazione con sua moglie.
Mi informai della sua salute e lui mi raccontò che era affetta da tempo dall’Alzheimer.
Gli chiesi se per caso la moglie si preoccupasse nel caso facesse un po’ tardi. Lui mi rispose che lei non lo riconosceva già da 5 anni.
Ne fui sorpreso e gli chiesi: “E va ancora ogni mattina a trovarla, anche se non sa chi è lei?”
L’uomo sorrise e mi batte la mano sulla spalla dicendo: “Lei non sa chi sono, ma io so ancora perfettamente chi è Lei”.
Dovetti trattenere le lacrime… Avevo la pelle d’oca e pensai: Questo è il genere di amore che voglio nella mia vita.
Il vero amore non è né fisico né romantico. Il vero amore è l’accettazione di tutto ciò che è, è stato, sarà e no sarà.
Le persone più felici non sono necessariamente coloro che hanno il meglio di tutto, ma coloro che traggono il meglio da ciò che hanno. La vita non è una questione di come sopravvivere alla tempesta, ma di come danzare nella pioggia. Sii più gentile del necessario, perché ciascuna delle persone che incontri sta combattendo qualche sorta di battaglia.

giovedì 8 ottobre 2009

Divina Provvidenza

Nel 1949 Don Calabria scriveva questa lettera ai suoi religiosi. (Arch. St. Doc. 6040, pp. 292-293). Sono trascorsi 59 anni dal suo scritto ma le parole contenute nella sua lettera sono talmente attuali che devono e3ssere per noi motivo di profonda meditazione. Specialmente oggi, giorno della ricorrenza del suo compleanno, un giorno speciale per tutti noi che siamo, “suoi figli diretti”, la sua famiglia. Ma l’amore di don Calabria è grande non si ferma soltanto a questa “famiglia” nel suo grande abbraccio d’amore accoglie tutti i figli del mondo. Don Calabria ci ricorda sempre di abbandonarci e di affidare ogni attimo della nostra esistenza alla Divina Provvidenza la “nostra tenera Madre”.

La Divina Provvidenza è una tenera Madre.
Il compito che la Divina Provvidenza ci affida è ravvivare in questo povero mondo la fede, con la parola e soprattutto con l’esempio. Dio, l’anima, l’eternità, per molti sono parole quasi vuote di senso. Noi invece viviamo di questa fede sicura ed crollabile, che non viene meno in qualunque prova, fosse anche la persecuzione e la morte stessa.
Dio non ha bisogno di essere dimostrato, ma portato da noi. L’esempio vale più di qualunque apologia. Oh, se vivessimo davvero le grandi verità della nostra fede: l’ineffabile mistero dell’Incarnazione, il Presepio, il Calvario, L’Eucaristia, Dio in mezzo a noi, con noi e in noi!. Sono misteri che dovrebbero rapirci in estasi di corrispondenza e di amore! Le prediche non si va più ad ascoltare le, ma se gli uomini vedessero queste verità realmente vissute, quali felici e sante impressioni ne riceverebbero!
Ma dove, miei cari ed amati fratelli, attingeremo questa viva fede, se non alle pure sorgenti del santo Vangelo? Per questo tante volte vi ho detto e ripetuto che dobbiamo essere altrettanti Cristi e Vangeli viventi, per essere fari di luce alla povera umanità brancolante nelle fitte tenebre di tanti errori, nel fango di tanti vizi. È come l’eco del comando di Gesù Benedetto: “ Cosi risplenda la vostra luce dinanzi agli uomini, affinché vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che sta nei Celi” (Mt. 5,16).
Nelle quali parole notte bene come Gesù, richiamando il pensiero di Dio, lo chiama “Padre”, ed anzi “Padre nostro”. Voglio dirvi, miei cari fratelli che la fede vera e genuina considera Dion non solo come creatore e Signore, ma soprattutto come Padre. Fede quindi nella paternità di Dio, e perciò fiducia illimitata, filiale abbandono alla divina Provvidenza, che è caratteristica tutta propria della nostra Opera, uno degl’ insegnamenti che il Signore vuol dare per mezzo di essa al mondo.
Ricordiamoci che la divina Provvidenza è una tenera Madre che tutto ordina per il nostro bene, anzi per il nostro maggior bene; dobbiamo sentirci portati dalle sue materne mani. È vero, molte volte dobbiamo soffrire, e la natura può provarne talvolta quasi sgomento. Non meravigliamoci: anche Gesù conobbe la tristezza,i tedio e la paura, soggiungendo però che si rimetteva alla sua paterna volontà.
Adesso noi vediamo solo l’orditura del lavoro e il rovescio del ricamo. Potrà sembrare che tutto sia confusione, ma quanto potremo vedere il lavoro finito e il diritto del ricamo, allora essi ci appariranno in tutta la loro magnifica e meravigliosa fattura.
Deh, che non vi siano mai angustie e ansie!
Potrà il Signore permettere qualche grave prova per saggiare la nostra fede; non dovremmo allora turbarci, ma piuttosto godere e sentirci, direi quasi, nella “perfetta letizia”. Stiamo certi che se la coscienza ci dice che siamo fedeli alla nostra santa vocazione, dopo la proava la Provvidenza verrà con “misura ricolmata, agitata e scossa”. ( cfr. Lc 6, 38).

mercoledì 7 ottobre 2009

San Giovani Calabria



Giovanni Calabria nacque a Verona l’8 ottobre 1873. La povertà gli fu maestra di vita fin dalla nascita. Alla morte del padre dovette abbandonare la scuola elementare per poter aiutare la famiglia con qualche lavoro. Il rettore di San Lorenzo, scoprendo in lui la vocazione sacerdotale, lo preparò privatamente agli esami di ammissione al liceo nel Seminario. Il giovane, che allora aveva 18 anni, superò egregiamente la prova. Durante l’ultimo anno di liceo dovette però sospendere nuovamente gli studi per il servizio di leva (1894-1896). In quei due anni edificò tutti, superiori e commilitoni, per la sua eroica carità. Ripresi gli studi, in una fredda nottata di novembre del 1879, tornando da una visita agli infermi dell’ospedale, trovò accovacciato davanti alla sua porta un bambino fuggito dagli zingari, Se lo portò in casa, condividendo la mensa e dandogli il uso letto. L’anno seguente fondò la “pia Unione per l’assistenza agli ammalati poveri”.
Ordinato sacerdote l’’ agosto 1901 si dedicò con particolare zelo alle opere di carità privilegiando soprattutto gli extracomunitari (gli spazzacamini) e i ragazzi abbandonati, accogliendone alcuni nella sua povera casa.
Il 26 novembre del 1907 diede ufficialmente inizio alla “Casa Buoni Fanciulli”. Il Signore gli mandò dei laici desiderosi di condividere con lui la loro donazione a Dio, nella povertà e nell’assistenza alle creature abbandonate.
Sorse così il 1° nucleo di quella Congregazione che l’11 febbraio 1932 verrà approvata dal vescovo di Verona col nome di “Poveri Servi della Divina Provvidenza”, composta di sacerdoti e fratelli” e che riceverà l’approvazione pontificia il 25 aprile 1949.
Nel 1910 don Calabria diede inizio anche, con lo stesso spirito, al ramo femminile, le “Sorelle”, che diventeranno Congregazione nel 1952 con nome di “Povere Serve della Divina Provvidenza”. Le due Congregazione, con la finalità di mostrare al mondo d’oggi che Dio è Padre e provvede ai suoi figli se questi si abbandonano con fede alla sua divina Provvidenza e cercano prima di tutto il suo regno, si diffusero in varie parti d’Italia, sempre al servizio dei poveri, degli abbandonati, degli emarginati, degli anziani e degli ammalati, Il cuore apostolico di don Calabria pensò anche ai “paria” dell’India.
Dal 1939 fino alla morte, Don Calabria, superando l’ambito delle proprie istituzioni, in contrasto col suo innato desiderio di nascondimento, divenne una delle persone più consultate di quell’epoca, un “punto di riferimento”, “una stella”, che indicava la via da seguire in un momento di generale sbandamento. Come un profeta “gridava” che l’unico mezzo per ritrovare la salvezza era “il ritorno a Gesù Cristo e al suo Vangelo, vissuto: integralmente, sine glossa”.
E a questa impresa chiamò anche i laici. “ Questa è l’ora dei laici!” scriveva. E per questa finalità nel 1944 fondò la “Famiglia dei Fratelli Esterni”, composta appunto di laici.
Questo fu anche il periodo più misteriosamente doloroso della sua vita. Il suo grande amico, l’allora arcivescovo di Milano card Schuster, lo paragonò al Servo di Javè.
Il 3 dicembre 1954, sentendo che il papa Pio XII stava male, si offerse vittima per la sua salute. Don Calabria morì il giorno seguente mentre in Vaticano si gridava al “miracolo!” vedendo il Papa improvvisamente e misteriosamente ristabilito (cfr. P. SCHMIT, IL) Cardinale dell’unità – il card. Bea, Ed. Città Nuova, pp. 182-185).
Don Calabria pregò, soffrì, lavorò per la santificazione della chiesa lo glorificò molto presto. Fu infatti beatificato da Giovanni Paolo II il 17 aprile 1988, a 33 anni dalla morte, e dallo stesso Pontefice canonizzato il 18 aprile 1999.
Le sue due Congregazioni sono attualmente presenti in varie regioni d’Italia, in Romania, in Russia, in parecchi paesi dell’America Latina, in Angola, in Kenia, nelle Filippine e in India. La festa di S. Zan Giovanni Calabria si celebra l’8 ottobre.

martedì 6 ottobre 2009

Rom 12,9-12

La carità non abbia finzioni: fuggite il male con orrore, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda. Non siate pigri nello zelo; siate invece ferventi nello spirito, servite il Signore. Siate lieti nella speranza, forti nella tribolazione, perseveranti nella preghiera.

Cristo il Salvatore di tutti
Cristo è venuto sulla terra, è venuto per tutti, è venuto anche per te. Egli è l’amico dei poveri, il fratello di ogni uomo, il salvatore di tutti. Tu hai bisogno di Cristo, egli guarda alla tua miseria e ti comprende, vede il tuo peccato e ti perdona, illumina la tua vita e ti ridà la giovinezza. Tu hai bisogno di Cristo, ma non può conoscerlo senza incontrarlo, né lo puoi incontrare senza cercarlo. Egli è venuto per dirti la verità, per indicarti la via, per donarti la vita. Tu hai bisogno di Cristo, per conoscere la tua grandezza, per scoprire la tua povertà, per trovare la vera felicità. Solo Cristo ha parole di vita, solo Cristo ha progetti di giustizia, solo Cristo è sorgente di libertà. Tu hai bisogno di Cristo, egli non è un amico qualunque, ti insegna molte cose, soprattutto ti invita a fare della vita un dono ai fratelli, un impegno di pace, un servizio d’amore.

sabato 3 ottobre 2009

La Speranza

I giovani sono la primavera della vita, la speranza della chiesa e dell’umanità. La giovinezza è il tempo degli ideali e degli entusiasmi, del coraggio e dell’0ttimismo, delle domande più urgenti e delle decisioni più importanti. Essere giovani significa avere un futuro pieno di speranza. La speranza cioè di andare avanti, la speranza di trovare lavoro, la speranza di stringere una forte amicizia con Dio.

Dio un amico da non perdere
Tu sai di non poter vivere da solo, di non poter essere felice da solo, di non poterti salvare da solo: il contatto con gli altri arricchisce, il rapporto con Dio ringiovanisce. Tu esisti perché Dio da sempre ti ha pensato, hai un destino che solo lui conosce: egli può aiutarti a dare un senso alla tua vita, a impegnarla per qualcosa che vale, a vivere non per comandare ma per servire, non per godere ma per amare. Tu sei debole come creatura, ma sei forte come amico di Dio: egli può darti una mano per viver la vita come dono, pera accogliere gli altri come fratelli, per rifiutare ogni violenza. Nessuno ti è amico come Dio, egli vuole aiutarti a cessare di fare il male, a imparare a fare il bene, a non perdere mai la speranza. Egli è un amico che sa essere fedele, un amico da non perdere.

Dal libro Dio, un amico da non perdere (Mario Pomilio).

giovedì 1 ottobre 2009

L'amore

"Nel mondo ci sono tanti mali ma il peggiore di tutti è la mancanza di amore. L’amore è quanto di più grande e di più bello esiste sulla terra. Ma è anche quanto di più prezioso un uomo possa desiderare. L’amore è tutto per un uomo, credente o no; è il sogno di ogni persona; l’amore è la vita, perché vivere è amare. Nessuno vive bene in questo mondo senza more. L’uomo è fatto per amare e per essere amato. Egli può non avere Dio nel cuore ma, quando ama, è sempre nel cuore di Dio. Dio è amore. E, di conseguenza, amare è il più grande, e anche l’unico e più importante, comandamento che ci ha raccomandato Dio.

Dio è amore
Ci è stato sempre detto che nella vita bisogna amare, bisogna voler bene a tutti. Solo chi ama dimostra di aver capito Dio. Dio, infatti, è amore. L’amore di Dio è come il sole che illumina e riscalda la terra del cuore dell’uomo. È
come una sorgente da cui attingere l’amore per te e per i fratelli. È un mistero che non sai definire, ma che puoi sperimentare nella concretezza della vita.
Chi vive ama. Chi ama vive veramente. Chi, poi, vive e crede in Dio si sforza anche di amare come ama Dio."
(Dal libro, Dio, un amico da non peredere)