
La Divina Provvidenza è una tenera Madre.
Il compito che la Divina Provvidenza ci affida è ravvivare in questo povero mondo la fede, con la parola e soprattutto con l’esempio. Dio, l’anima, l’eternità, per molti sono parole quasi vuote di senso. Noi invece viviamo di questa fede sicura ed crollabile, che non viene meno in qualunque prova, fosse anche la persecuzione e la morte stessa.
Dio non ha bisogno di essere dimostrato, ma portato da noi. L’esempio vale più di qualunque apologia. Oh, se vivessimo davvero le grandi verità della nostra fede: l’ineffabile mistero dell’Incarnazione, il Presepio, il Calvario, L’Eucaristia, Dio in mezzo a noi, con noi e in noi!. Sono misteri che dovrebbero rapirci in estasi di corrispondenza e di amore! Le prediche non si va più ad ascoltare le, ma se gli uomini vedessero queste verità realmente vissute, quali felici e sante impressioni ne riceverebbero!
Ma dove, miei cari ed amati fratelli, attingeremo questa viva fede, se non alle pure sorgenti del santo Vangelo? Per questo tante volte vi ho detto e ripetuto che dobbiamo essere altrettanti Cristi e Vangeli viventi, per essere fari di luce alla povera umanità brancolante nelle fitte tenebre di tanti errori, nel fango di tanti vizi. È come l’eco del comando di Gesù Benedetto: “ Cosi risplenda la vostra luce dinanzi agli uomini, affinché vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che sta nei Celi” (Mt. 5,16).
Nelle quali parole notte bene come Gesù, richiamando il pensiero di Dio, lo chiama “Padre”, ed anzi “Padre nostro”. Voglio dirvi, miei cari fratelli che la fede vera e genuina considera Dion non solo come creatore e Signore, ma soprattutto come Padre. Fede quindi nella paternità di Dio, e perciò fiducia illimitata, filiale abbandono alla divina Provvidenza, che è caratteristica tutta propria della nostra Opera, uno degl’ insegnamenti che il Signore vuol dare per mezzo di essa al mondo.
Ricordiamoci che la divina Provvidenza è una tenera Madre che tutto ordina per il nostro bene, anzi per il nostro maggior bene; dobbiamo sentirci portati dalle sue materne mani. È vero, molte volte dobbiamo soffrire, e la natura può provarne talvolta quasi sgomento. Non meravigliamoci: anche Gesù conobbe la tristezza,i tedio e la paura, soggiungendo però che si rimetteva alla sua paterna volontà.
Adesso noi vediamo solo l’orditura del lavoro e il rovescio del ricamo. Potrà sembrare che tutto sia confusione, ma quanto potremo vedere il lavoro finito e il diritto del ricamo, allora essi ci appariranno in tutta la loro magnifica e meravigliosa fattura.
Deh, che non vi siano mai angustie e ansie!
Potrà il Signore permettere qualche grave prova per saggiare la nostra fede; non dovremmo allora turbarci, ma piuttosto godere e sentirci, direi quasi, nella “perfetta letizia”. Stiamo certi che se la coscienza ci dice che siamo fedeli alla nostra santa vocazione, dopo la proava la Provvidenza verrà con “misura ricolmata, agitata e scossa”. ( cfr. Lc 6, 38).
Il compito che la Divina Provvidenza ci affida è ravvivare in questo povero mondo la fede, con la parola e soprattutto con l’esempio. Dio, l’anima, l’eternità, per molti sono parole quasi vuote di senso. Noi invece viviamo di questa fede sicura ed crollabile, che non viene meno in qualunque prova, fosse anche la persecuzione e la morte stessa.

Dio non ha bisogno di essere dimostrato, ma portato da noi. L’esempio vale più di qualunque apologia. Oh, se vivessimo davvero le grandi verità della nostra fede: l’ineffabile mistero dell’Incarnazione, il Presepio, il Calvario, L’Eucaristia, Dio in mezzo a noi, con noi e in noi!. Sono misteri che dovrebbero rapirci in estasi di corrispondenza e di amore! Le prediche non si va più ad ascoltare le, ma se gli uomini vedessero queste verità realmente vissute, quali felici e sante impressioni ne riceverebbero!
Ma dove, miei cari ed amati fratelli, attingeremo questa viva fede, se non alle pure sorgenti del santo Vangelo? Per questo tante volte vi ho detto e ripetuto che dobbiamo essere altrettanti Cristi e Vangeli viventi, per essere fari di luce alla povera umanità brancolante nelle fitte tenebre di tanti errori, nel fango di tanti vizi. È come l’eco del comando di Gesù Benedetto: “ Cosi risplenda la vostra luce dinanzi agli uomini, affinché vedano le vostre opere buone e glorifichino il Padre vostro che sta nei Celi” (Mt. 5,16).
Nelle quali parole notte bene come Gesù, richiamando il pensiero di Dio, lo chiama “Padre”, ed anzi “Padre nostro”. Voglio dirvi, miei cari fratelli che la fede vera e genuina considera Dion non solo come creatore e Signore, ma soprattutto come Padre. Fede quindi nella paternità di Dio, e perciò fiducia illimitata, filiale abbandono alla divina Provvidenza, che è caratteristica tutta propria della nostra Opera, uno degl’ insegnamenti che il Signore vuol dare per mezzo di essa al mondo.
Ricordiamoci che la divina Provvidenza è una tenera Madre che tutto ordina per il nostro bene, anzi per il nostro maggior bene; dobbiamo sentirci portati dalle sue materne mani. È vero, molte volte dobbiamo soffrire, e la natura può provarne talvolta quasi sgomento. Non meravigliamoci: anche Gesù conobbe la tristezza,i tedio e la paura, soggiungendo però che si rimetteva alla sua paterna volontà.
Adesso noi vediamo solo l’orditura del lavoro e il rovescio del ricamo. Potrà sembrare che tutto sia confusione, ma quanto potremo vedere il lavoro finito e il diritto del ricamo, allora essi ci appariranno in tutta la loro magnifica e meravigliosa fattura.
Deh, che non vi siano mai angustie e ansie!
Potrà il Signore permettere qualche grave prova per saggiare la nostra fede; non dovremmo allora turbarci, ma piuttosto godere e sentirci, direi quasi, nella “perfetta letizia”. Stiamo certi che se la coscienza ci dice che siamo fedeli alla nostra santa vocazione, dopo la proava la Provvidenza verrà con “misura ricolmata, agitata e scossa”. ( cfr. Lc 6, 38).
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