
Quando preghiamo non dobbiamo mai perderci in tante considerazioni, cercando di sapere che cosa dobbiamo chiedere e temendo di non riuscire a pregare come si conviene. Nella preghiera ci rivolgiamo a colui che, come dice
il Signore medesimo, già sa quello che ci è necessario, prima ancora che glielo chiediamo. A Dio non importa tanto la manifestazione del nostro desiderio, cosa che egli conosce molto bene, ma piuttosto che questo desiderio si ravvivi in noi mediante la domanda perchè possiamo ottenere ciò che egli è già disposto a concederci. Perciò ci viene detto:
“Aprite anche voi il vostro cuore! Non lasciatevi legare al giogo estraneo degli infedeli” (2 Cor 6,13-14). Il dono è davvero grande, tanto che né occhio mai vide, perché non è colore; né orecchio mai udì, perché non è suono; né mai è entrato in cuore d’uomo (1 Cor 2,9), perché è là che il cuore dell’uomo deve entrare. Lo riceveremo con tanta maggiore capacità, quanto più salda sarà la nostra fede, più ferma la nostra speranza, più ardente il nostro desiderio. Noi dunque preghiamo sempre in questa stessa fede, speranza e carità, con desiderio ininterrotto.
Ma in certe ore e in determinate circostanze, ci rivolgiamo a Dio anche con le parole perché, mediante questi segni, possiamo stimolare noi stessi e insieme renderci conto di quanto abbiamo progredito nelle sante aspirazioni, spronandoci con maggiore ardore a intensificarle. Quanto più vivo, infatti, sarà il desiderio, tanto più ricco sarà l’effetto.
(Dalla lettera di sant’Agostino, vescovo)
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